Libri di Alberto Arcioni
Amore all'improvviso. Leggilo, amica mia, questo libretto
Alberto Arcioni
Libro: Libro in brossura
editore: Fefè
anno edizione: 2013
pagine: 56
Leggilo, amica mia, questo libretto! È un'invocazione accorata quella con cui Arcioni apre la sua raccolta di poesie innamorate quasi temesse che le sue parole venissero trascurate. Quest'ansia di amore e di corresponsione pervade tutto il "libretto", specchio di quel ricorrente tic dell'animo che accompagna tutta la vita sentimentale dell'autore. Arcioni ha lunga familiarità con la poesia, con una poesia scritta a mano, all'improvviso, da tenere sul comodino e leggere e rileggere di tanto in tanto, per rinfrescarsi gli occhi e il cuore con le sensazioni belle che comunica.
Viaggio in Ciociaria
Alberto Arcioni
Libro: Libro in brossura
editore: Palombi Editori
anno edizione: 2010
pagine: 87
Vite presunte. Storie verosimili di personaggi famosi
Alberto Arcioni
Libro: Libro in brossura
editore: Fefè
anno edizione: 2010
pagine: 176
Leonardo che non riesce a far sorridere la Gioconda, lo sboccato Cambronne duro a morire, l'accordo di compromesso tra San Francesco e il lupo, i buchi di Giotto, l'amore regale che Colombo mandò deluso, il cinesino magico di Giovannino Gutenberg, l'ovvietà surreale di Monsieur de la Palisse, i battibecchi poco romantici tra Romeo e Giulietta, gli acciacchi del giovane Werther, i consigli di Luigi XVI al dr. Guillotin, le ossessioni del dr. Freud. Sono questi (e molti altri) i momenti salienti delle "Vite presunte" create da Alberto Arcioni con un'elegantissima verosimiglianza dell'impossibile, un'abilità unica nel descrivere l'assurdo della cronaca ficcata a forza nella Storia, e una delicatezza ironica e complice verso tanti uomini illustri.
Se fossero nati a Roma. Ripensamenti di celebri liriche nella parlata romana
Alberto Arcioni
Libro: Libro in brossura
editore: Fefè
anno edizione: 2009
pagine: 52
Prendete Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Pascoli, D'Annunzio, Montale e tanti altri .mostri sacri. della storia della poesia italiana e "traduceteli" in romano, anzi in romanesco. Non soltanto per quanto riguarda la lingua, ma anche per l'umore, l'atmosfera, i luoghi, le suggestioni che diventano quelle proprie di Roma e della sua cultura. L'operazione è coraggiosa, ma soprattutto rischiosa. Arcioni la porta a termine con grande arte e raffinata misura, dimostrando di avere sensibilità e cultura per potersela permettere. È così che Paolo e Francesca peccano sul lago di Bracciano, il pineto dannunziano si sposta dalle parti di Frattocchie de Marino e la leopardiana quiete dopo la tempesta diventa "er quietovive doppo er temporale", con un tocco di magia che rende tutto altrettanto spontaneo e poetico degli originali.