Libri di Antonella Carbone

Perché l'amore in molte delle sue declinazioni è l'elemento che ricorre nella produzione di Antonella Carbone. Qui viene inserita una sfumatura nuova. Lo si apprende nella prima poesia, appunto, fin dal titolo: "Aliena". L'aggettivo alieno deriva dal latino alius, che significa altro (e, in effetti, un extraterrestre è qualcosa d'altro). Giunta a un certo punto della propria vita, Antonella prende a considerare il passato e si trova a provare una sensazione mai piacevole: quella di chi si sente fuori posto.

Quest'opera è nata dalle emozioni, giorno dopo giorno, nella piena consapevolezza e una maturità di sentimenti.

Si tratta di un romanzo breve comprendente dodici capitoli più un epilogo. L'ambientazione è contemporanea e la vicenda si svolge in Liguria, per la precisione nella città di Genova. Il protagonista è un ragazzino di nome Matteo: il fante di cuori cui allude il titolo è proprio lui. Attorno al ragazzino ruotano altri quattro personaggi: la madre Chiara, ambiziosa e determinata; il padre Alberto, separato dalla moglie; la burbera nonna Rina e il nonno Gino, pensionato. Il motore della storia è proprio quest'ultimo, perché lui costituisce la molla narrativa del romanzo. È un autista di mezzi pubblici in pensione che cura l'orto di due sorelle benestanti. Purtroppo si trova impossibilitato a continuare a farlo perché la fedelissima auto lo lascia a piedi. Sarà proprio l'intervento del nipotino a risolvere la situazione con l'aiuto di sua madre. In sostanza, "Fante di cuori" è una storia d'amore. L'amore è infatti il fil rouge che percorre tutta la vicenda e lega fra loro i cinque personaggi in modi diversi.

L'autrice presenta un'altra silloge di poesie piena di emozioni e sentimenti. Anche questa volta, al centro della poesia troviamo l'amore, nelle sue varie declinazioni personali. Troviamo passione, rimpianto, amore per le nipotine, solitudine e, come sempre, tanto amore per il suo mare.

"Terra mia" è dedicata interamente alla sua Liguria, alle emozioni che nascono visitando i paesi, al suo amato mare, ma non dimentica la tragedia del crollo del Ponte Morandi; tutte le sue liriche sono piene di sensazioni fortissime che la magia della Liguria sa regalare a chi la visita e, a maggior ragione, a chi vi è nato.

Questa nuova  raccolta di quaranta poesie di Antonella Carbone ha il pregio di  fornire un autoritratto della scrittrice stessa;  in questa silloge ci sono le radici dell'autrice, fatte di mare, di terra e di cielo. Il mare (una delle "ossessioni tematiche" dell'autrice) è quello della tanto provata Liguria, elemento essenziale dell'autrice come essere umano e come poetessa. 

L'autrice presenta questa nuova silloge di poesie, nate da riflessioni quotidiane, sfiorate dalla gioia o dalla disperazione, nell'alternanza che le vicende della vita scandiscono nell'anima e nelle parole che raccontano. Gli ingredienti sono ancora una volta l'amore, sia per le nipotine che per un amante perduto, ed il mare della sua Terra: la Liguria.

Ci sono due chiavi di lettura che si possono applicare a questa raccolta poetica. La prima è il titolo: Sulle ali di un gabbiano. Se procediamo per associazioni di idee viene in mente anzitutto il volo, e quindi la distanza, e quindi la visione d'insieme dall'alto. Quasi guardare le cose da lontano per poterne offrire una visione più distaccata. C'è altresì la libertà data dal volo del gabbiano, uccello che richiama alla mente immediatamente il mare, Oppure le ali della mente, che loro possono sì garantire la libertà a ciascuno di noi, senza le limitazioni che il nostro guscio di carne presenta. Ma c'è anche una seconda chiave di lettura, offerta da Vita, l'ultima poesia della silloge. Il titolo da solo dice già moltissimo. Perché è proprio della vita nella sua interezza che parlano le poesie dell'autrice.

Questa silloge è la sesta in ordine cronologico, dopo Frammenti (2005), Sprazzi di blu (2008), Arcobaleno di pensieri (2009), Sulle ali di un gabbiano (2018) e Girandola di emozioni (2019). Nel 2017 l'autrice ha scritto e successivamente pubblicato il suo romanzo d'esordio Fante di cuori, aprendo le emozioni anche verso la narrativa, ma ritornando subito dopo al suo grande amore: la poesia. Oggi l'autrice ha deciso di pubblicare anche questa silloge, dopo averla scritta per sé. Anche quest'opera è nata da riflessioni sul quotidiano, sfiorate in alternanza dalla gioia o dalla tristezza, che le vicende scandiscono nell'anima e nelle parole. Sulle onde del mare rappresenta la piena consapevolezza e maturità dei sentimenti, la cognizione del mondo reale che la circonda, al quale l'autrice non smetterà di credere, nonostante ciò che accade ogni giorno.

«Il linguaggio è l’espressione dei nostri pensieri mediante segni arbitrari.» Tale definizione è contenuta all’interno dell’articolo sull’origine del linguaggio pubblicato nel 1795 sul Philosophisches Journal di I. Niethammer. L’opera palesa l’interesse di J. G. Fichte circa la tematica linguistica, permanendo tuttavia un episodio isolato: non segue infatti a essa l’elaborazione di una Sprachelehre genetica che trovi una collocazione nel sistema delle scienze fondato sulla Wissenschaftslehre. Il presente lavoro riflette su tale “vuoto sistematico” e si mette sulle tracce di una filosofia trascendentale del linguaggio, rilevandone la presenza – se pur frammentaria – già a partire dalle opere giovanili e del periodo jenese. In questo momento della riflessione fichtiana comprendere il linguaggio in maniera genetica risponde in primo luogo all’esigenza di comunicare in maniera efficace una filosofia nuova, evitandone così il fraintendimento.

Queste poesie sono nate da riflessioni quotidiane, sfiorate dalla gioia, dalla tristezza o dalla malinconia, nell'alternanza che le vicende della vita scandiscono nell'anima e nelle parole che esse raccontano.

Negli anni ho maturato una convinzione (una mia teoria letteraria): chi scrive - qualunque tipo di genere - bene o male, finisce sempre per dire più o meno le stesse cose. Non è assolutamente un limite, sia bene inteso. Si tratta soltanto di un dato di fatto. Del resto è risaputo: la scrittura - o, se preferite, la letteratura - da sempre ripete se stessa. Ne consegue che a essere davvero importante non è il cosa, bensì il come. Mi si passi, come esemplificazione, una metafora culinaria: non importa la zuppa in sé, ma il modo in cui la zuppa viene cucinata (dosi, ingredienti, fasi della preparazione). Direi che questo discorso può tranquillamente essere applicato alle poesie di Antonella Carbone. Non è tanto quello che dice, quanto piuttosto come lo dice. In questa silloge il lettore troverà le ossessioni tematiche anche nelle precedenti raccolte. Con le necessarie e inevitabili variazioni sul tema. E dunque ecco le radici della poetessa, entità indissolubile dalla terra che l'ha generata.