Libri di P. Mola
Aforismi
Constantin Brancusi
Libro: Copertina morbida
editore: Abscondita
anno edizione: 2022
pagine: 160
A Parigi, dove giunge nel 1904, Brancusi partecipa a ogni avanguardia, frequenta Picasso, Modigliani, Rousseau, Delaunay, Léger, Tzara, Man Ray, è amico di Satie e Duchamp. Ma i legami sono personali, ai movimenti rimane esterno, non interviene sulle riviste, non sottoscrive dichiarazioni. E tuttavia lascia una singolare opera di pensiero sull'arte e sulle cose. Sono frasi che troviamo annotate su taccuini, fogli sparsi, pagine di cataloghi, o ricordate dagli amici e ricorrenti nelle interviste. È una materia di sostanza orale, sovente con il sapore della massima, fatta per essere tenuta a mente e ripetuta. La si chiama, per consuetudine, col nome di «aforismi». Radicata nelle origini rumene, nella preistoria contadina e pastorale dei Carpazi, entra con colta consapevolezza nel dibattito artistico moderno. Brancusi ebbe con poeti e letterati relazioni di consuetudine, da Apollinaire a Radiguet. Il primo saggio sulla sua opera è scritto da Ezra Pound, e una lirica di Lucian Blaga, L'Uccello sacro, è forse il testo critico più significativo sulla Maiastra. A New York, nel 1926, è presentato da Paul Morand alla personale della Brummer Gallery. Nello studio di impasse Ronsin stava appeso il ritratto di Joyce, tra la gente di casa c'era Henry-Pierre Roché, e l'ultimo incontro importante sarebbe stato con Ionesco. Sono qui raccolti, oltre agli Aforismi di Brancusi, alcuni degli scritti più significativi di letterati e artisti suoi contemporanei, dove tra ricordi dell'uomo e narrazioni di ambiente si aprono scorci sulla poetica di uno dei massimi artisti del Novecento. Con scritti di Michael Middleton, Eugenio Montale, Paul Morand, Ezra Pound, Man Ray, Henri-Pierre Roché.
Brancusi fotografo
Libro: Copertina morbida
editore: Abscondita
anno edizione: 2020
pagine: 154
"L'atelier dello scultore Brancusi, la prima volta che lo vidi, mi fece più impressione di una cattedrale. Ero sopraffatto dal biancore e dalla luminosità dell'ambiente. Entrare nell'atelier di Brancusi era come penetrare in un altro mondo: il bianco, che è dopotutto la sintesi di tutti i colori dello spettro, il bianco si estendeva perfino alla stufa di mattoni costruita a mano e alla sua lunga canna e veniva qua e là enfatizzato da qualche trave di quercia appena sbozzata o dall'aureo metallico luccichio di una levigata forma dinamica ritta su un piedistallo. Nell'atelier non c'era nulla che fosse uscito da un negozio, neppure mobili e sedie. Un solido cilindro in gesso bianco di due metri circa di diametro fungeva da tavolo, mentre le panche consistevano in un paio di ceppi d'albero scavati. Piccoli cuscini sparsi qua e là rendevano i sedili più invitanti. Mi recai da Brancusi per ammirare la sua opera, e anche con l'intenzione di fargli un ritratto da aggiungere alla mia raccolta. Non appena affrontai l'argomento si accigliò: non amava farsi fotografare. Gli sarebbe invece piaciuto avere delle buone fotografie delle sue sculture; fino ad allora le rare riproduzioni che aveva visto erano state una delusione. Mi mostrò una foto che gli aveva mandato Stieglitz, fatta durante la mostra di New York. Ritraeva una scultura in marmo, e sia la luce che l'inquadratura erano perfette. Era una bellissima fotografia, riconobbe, ma non rappresentava il suo lavoro. Soltanto lui avrebbe saputo come fotografarlo. Ero disposto ad aiutarlo nell'acquisto del materiale necessario e a dargli qualche lezione? Ben lieto di fargli una cortesia, il giorno dopo uscimmo per comprare un apparecchio fotografico e il relativo treppiedi. Gli suggerii il nome di un laboratorio per lo sviluppo delle foto, ma anche lo sviluppo voleva farlo da solo. Così si costruì una camera oscura in un angolo dell'atelier, tutto da solo, come faceva per qualsiasi cosa gli fosse necessaria. Naturalmente l'esterno della camera oscura fu imbiancato a calce in modo da fondersi col resto e risultare invisibile. Lo aiutai a scattare la prima foto e gli mostrai le operazioni da compiere nella camera oscura. Da allora in poi lavorò da solo senza più consultarmi". (Man Ray)
Wildt. L'anima e le forme. Catalogo della mostra (Forlì, 28 gennaio-17 giugno 2012)
Libro: Libro in brossura
editore: Silvana
anno edizione: 2012
pagine: 383
Inquieto, eccessivo, Adolfo Wildt (Milano, 1868-1931) è il fastoso crepuscolo della scultura, se per scultura s'intende l'antica opera sul sasso, il colpo, e la pazienza della levigatura. Coltissimo e estremo anche nel virtuosismo, è l'ultimo maestro, con quel tanto di artigiano, di umile mestiere che sta nella parola, ma anche di alto e reverente. All'arte del marmo ha dedicato l'ultimo trattato e l'ultima scuola, dove accanto ai corsi d'accademia dava per prima cosa da scolpire un uovo, nocciolo di una forma esatta trasformata in senso, e stranamente analogo, anche nell'umile ripetizione dell'esercizio, a quell'"Inizio del Mondo" con cui il genio arcaico di Brancusi, cancellando in un gesto ogni storia e ogni stile, inaugurava a Parigi l'alba di un'arte nuova. Wildt, invece, a Milano salvava tutto: stile e storia, simboli e letteratura, dei, eroi, santi, celebrazione e monumento. Estraneo al mondo delle avanguardie e altrettanto a disagio nel conformismo artistico del primo Novecento, Wildt corrispose a fatica col suo tempo e quasi nulla con quelli successivi, ma è forse proprio in questo solitario anacronismo il salto che lo collega al nostro tempo: in questo suo essere tutto e senza luogo, classico e gotico, manierista e barocco, frammentario e giustapposto come le fotografie dei monumenti antichi che Aby Warburg, nella biblioteca di Amburgo, accostava allora su quelle tavole dove andava fondando un altro senso dell'arte e della storia.
Medardo Rosso. Catalogo ragionato della scultura
Libro: Libro rilegato
editore: Skira
anno edizione: 2009
pagine: 408
Esito dei decennali studi di Paola Mola e delle ricerche archivistiche di Fabio Vittucci, il Catalogo è anche una lunga riflessione storica da cui esce la sorprendente attualità di un lavoro senz'argini sulla materia fluida al suo incontro con la luce, dalle trasparenze della cera, all'oscurità del bronzo, al sottile della fotografia. Preceduto da un'introduzione di Paola Mola, il volume comprende le schede di tutte le opere (33) nel loro evolversi attraverso la serie delle varianti, da un materiale all'altro (dal bronzo al gesso, alla cera, alla fotografia), corredate da un ampio apparato di note e con fotografie originali dell'artista. Seguono le schede dei circa 90 esemplari documentati (con storia del singolo pezzo e l'elenco dei documenti che ne attestano l'autenticità), un elenco di opere originali ma giunte senza documentazione e l'elenco delle fusioni postume commissionate dal figlio Francesco e conservate in collezioni pubbliche. Chiudono il volume gli apparati comprendenti biografia, bibliografia, elenco delle fonti e indice dei nomi.
Aforismi
Constantin Brancusi
Libro: Copertina morbida
editore: Abscondita
anno edizione: 2017
pagine: 130
A Parigi, dove giunge nel 1904, Brancusi partecipa a ogni avanguardia, frequenta Picasso, Modigliani, Rousseau, Delaunay, Léger, Tzara, Man Ray, è amico di Satie e Duchamp. Ma i legami sono personali, ai movimenti rimane esterno, non interviene sulle riviste, non sottoscrive dichiarazioni. E tuttavia lascia una singolare opera di pensiero sull'arte e sulle cose. Sono frasi che troviamo annotate su taccuini, fogli sparsi, pagine di cataloghi, o ricordate dagli amici e ricorrenti nelle interviste. E una materia di sostanza orale, sovente con il sapore della massima, fatta per essere tenuta a mente e ripetuta. La si chiama, per consuetudine, col nome di « aforismi ». Radicata nelle origini rumene, nella preistoria contadina e pastorale dei Carpazi, entra con colta consapevolezza nel dibattito artistico moderno. Brancusi ebbe con poeti e letterati relazioni di consuetudine, da Apollinaire a Radiguet. Il primo saggio sulla sua opera è scritto da Ezra Pound, e una lirica di Lucian Blaga, L'Uccello sacro, è forse il testo critico più significativo sulla Maiastra. A New York, nel 1926, è presentato da Paul Morand alla personale della Brummer Gallery. Nello studio di impasse Ronsin stava appeso il ritratto di Joyce, tra la gente di casa c'era Henry-Pierre Roche, e l'ultimo incontro importante sarebbe stato con Ionesco. Presentiamo, oltre agli Aforismi di Brancusi, alcuni degli scritti più significativi di letterati e artisti suoi contemporanei, dove tra ricordi dell'uomo e narrazioni di ambiente si aprono scorci sulla poetica di uno dei massimi artisti del Novecento.