Libri di Raimondo Volpetti

"Karoshi", termine giapponese che significa “morte per troppo lavoro”, è una raccolta di opere d’inchiostro in stile pop art che rappresenta i difetti della società moderna, volta all’estenuante mostrarsi e al consumismo. Raffigura individui stanchi e insoddisfatti, che per i turni massacranti si anestetizzano con l’alcool eliminando ogni rapporto personale.

Un’umile raccolta di racconti, poesie, pensieri e saggi flash, così da dare il tempo al lettore di riflettere. Quest’opera non ha come scopo ultimo l’intrattenere, ma bensì vuole far assaporare la fragranza del pensare che ormai sta scomparendo lentamente, giorno dopo giorno. L’impostazione stilistica è studiata appositamente per far sembrare che lo scrittore sia lì vicino a conversare con voi, i personaggi e gli ambienti sono descritti sommariamente, sono aloni, nubi di fumo, questo per permette al lettore la massima libertà di scelta lasciandolo fantasticare un po’, opponendosi ai comuni libri che impartiscono binari, senza libertà d’uscita.

Una ragazza viene portata d'urgenza in terapia intensiva. Aggrappandosi tra la vita e la morte. Dopo una convalescenza difficile, resta solo un enigma da risolvere. Chi è lei? Nella stanza 104 dimora una ragazza senza nome, senza volto. Il personale non sa come ci sia arrivata in ospedale. Non parla, non si muove, non mangia e non beve. Una bambola di vetro. Chiusa in se stessa, protetta da quegli occhi opachi che nascondono l'oscurità della sua mente. L'unica cosa che fa è scrivere su un diario. Poesie, racconti e sfoghi troppo elaborati e complessi per la sua tenera età. Viene incaricato il più brillante psicologo per riuscire a spezzare quel mutismo surreale. Lui sa che non sarà facile, ma non ha timore. Sfodera tutte le sue carte, fino a che la paziente scompare. Lasciando il suo diario incustodito. Nessuno l'aveva vista uscire, neanche le telecamere di sorveglianza. Ma lui la vuole trovare a tutti i costi, anche a costo della sua stessa vita. Ed è lì che inizia il macabro gioco. Il diario continuerà a essere scritto, non si sa da chi o da cosa. Molte domande sorgono in superficie: Che fine ha fatto? Come ci è riuscita? Ma soprattutto, chi è?

Una ragazza viene portata d'urgenza in terapia intensiva. Aggrappandosi tra la vita e la morte. Dopo una convalescenza difficile, resta solo un enigma da risolvere: chi è lei? Nella stanza 104 dimora una ragazza senza nome, senza volto. Il personale non sa come sia arrivata. Non parla, non si muove, non mangia e non beve. Una bambola di vetro. Chiusa in sé stessa, protetta da quegli occhi opachi che nascondono l'oscurità della sua mente. L'unica cosa che fa è scrivere su un diario. Poesie, racconti e sfoghi troppo elaborati e complessi per la sua tenera età. Viene incaricato il più brillante psicologo per riuscire a spezzare quel mutismo surreale. Lui sa che non sarà facile, ma non ha timore. Sfodera tutte le sue carte, fino a che la paziente scompare, lasciando il suo diario incustodito. Nessuno l'aveva vista uscire, neanche le telecamere di sorveglianza. Ma lui la vuole trovare a tutti i costi, anche a costo della sua stessa vita. Ed è lì che inizia il macabro gioco. Il diario continuerà a essere scritto, non si sa da chi, o da cosa. Molte domande sorgono in superficie: che fine ha fatto? Come ci è riuscita? Ma soprattutto chi è? Inizieranno incubi, allucinazioni, deliri.

La felicità è il veicolo che ci trasporta nel viaggio della vita, giacché si viaggia in macchina non si potrà cogliere tutti i particolari, come si fa quando s'ammira un paesaggio passeggiando. Quando si viaggia in macchina i posti e i paesaggi scorrono velocemente, lasciandoci solo un immagine vaga e confusa, alla stessa maniera il tempo scorre velocemente quando si è felici da non permettere di cogliere tutte le sfumature della vita. L'empio Cronos nei momenti di tristezza fa l'esatto opposto, come se l'orologio si rompesse e il tempo scorresse così lentamente da sembrare immobile. Grazie a questa immobilità del paesaggio che possiamo studiarlo, analizzarlo attentamente, comprendere la sue vera essenza, per quello che è veramente e non per quello che appare a una vista fugace.

La stoltezza, l'infamia, la sordidezza, l'immoralità albergano nei nostri animi. Parassiti grassi e marci. Li facciamo ingrassare con l'invidia e l'odio. Come i contadini fanno con gli schifosi maiali. I nostri peccati sono magnificenti e i nostri pentimenti vigliacchi. Mentiamo confessioni. Crediamo che così possano lavare il nostro sudicio animo. Messaggeri del male, figli dell'angelo più bello. Il cui artiglio stringe la nostra vita. Ci comanda come burattini. Strisciamo nelle vie buie. Le cose ripugnati ci attraggono. Ci stuzzicano. Facendo un passo verso l'inferno, la terra sacra. Spremiamo gli altri come si spreme una succosa arancia, pregustando il dolce del succo. Siamo così, esseri infami e falsi. Alimentiamo i nostri demoni. Ma fingiamo di essere angeli. L'odio riempie ogni nostra cellula. L'egoismo ci soffoca. Ci fa diventare mostri animali. La noia ci inghiotte nell'abisso.