Libri di Simona Vigezzi
Storia della morte in Occidente
Philippe Ariès
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2024
pagine: 176
«Nel secondo Medioevo, dal XII al XIV secolo, in cui sono state costruite le basi di quel che diventerà la civiltà moderna, un sentimento più personale e più intimo della morte, della morte di sé, traduce l’intenso attaccamento alle cose della vita, e anche – è questo il senso dell’iconografia macabra del XIV secolo – il senso amaro del fallimento, confuso con la natura mortale: una passione di essere, un’inquietudine di non essere abbastanza. Nell’epoca moderna, la morte, malgrado la continuità apparente dei temi e dei riti, è divenuta problematica, e si è furtivamente allontanata dal mondo delle cose più familiari. Nella sfera dell’immaginazione, si è legata all’erotismo per esprimere la rottura dell’ordine abituale. Nella religione ha significato, più che nel Medioevo (che tuttavia ha fatto nascere il genere), disprezzo del mondo e immagine del nulla. Nella famiglia, anche quando si credeva nella sopravvivenza, una sopravvivenza più realistica, una vera e propria trasposizione della vita nell’eternità, la morte è stata la separazione inaccettabile, la morte dell’altro, dell’amato. Così la morte, a poco a poco, ha assunto un altro volto, più lontano e insieme più drammatico e teso – la morte ora esaltata (la morte bella di Lamartine), ora contestata (la morte laida di Madame Bovary). Nel XIX secolo la morte era presente ovunque: cortei funebri, abiti da lutto, estensione dei cimiteri e della loro superficie, visite e pellegrinaggi alle tombe, culto della memoria. Ma questa pompa nascondeva l’affievolirsi dell’antica familiarità, l’unica veramente radicata. In ogni caso questo eloquente trionfo della morte si è dissolto nella nostra epoca, in cui la morte è divenuta l’innominabile. Ormai tutto avviene come se la morte non esistesse. Tecnicamente, ammettiamo di poter morire, stipuliamo assicurazioni sulla vita, ma in realtà, nel fondo del nostro cuore, ci sentiamo immortali».
Storia della morte in Occidente
Philippe Ariès
Libro
editore: Rizzoli
anno edizione: 1998
pagine: 260
Nel 1974 Philippe Ariès, uno dei maggiori storici francesi del XX secolo, pubblica per la prima volta uno studio epocale sull’atteggiamento degli esseri umani nei confronti dell’argomento più affascinante e spaventoso dell’esistenza: la morte. In un’indagine documentata e illuminante, l’autore mostra non solo come il rapporto con la morte sia cambiato nel corso delle epoche, ma anche quanto esso rispecchi l’approccio di una certa società verso la vita. Attraverso lo studio di testi letterari, documenti, iscrizioni tombali e testamenti, Ariès inizia la propria analisi dal Medioevo, quando l’intera esistenza era vista come una lunga preparazione alla fine. L’autore ripercorre poi l’età barocca e la rivoluzione industriale e – soffermandosi sulle trasformazioni dei comportamenti individuali e collettivi davanti alla morte – mostra come essa sia diventata proprio nella nostra società tecnologica un tabù che si preferisce allontanare e negare: la morte fa paura perché non possiamo evitarla, perché siamo soli di fronte ad essa e perché in fondo non riusciamo ad accettare l’impossibilità di essere immortali. Ma la sapiente analisi di Ariès permette di portare alla luce il fascino e il significato profondo di un evento che, tra timore e mistero, è ciò che dà senso all’esistere.
Non siamo solo di questo mondo
Hoimar von Ditfurth
Libro
editore: Longanesi
anno edizione: 1982
pagine: 272
Ludwig II
Franz Herre
Libro
editore: Bompiani
anno edizione: 2002
pagine: 302
In pieno XIX secolo, Ludwig avrebbe voluto essere Parsifal o Luigi XIV; il costituzionalismo e la democrazia non avevano senso per lui; aborriva la Prussia e il suo militarismo, e dopo la proclamazione del Reich rinunciò anche a lottare con i suoi ministri e con l'onnipotente burocrazia. Ludwig fu segnato fin dalla nascita da un'assoluta eccezionalità, sempre in bilico fra kitsch e tragedia, fra sogno e realtà, fra sincerità e finzione; una figura che può affascinare e respingere allo stesso tempo. Forse Ludwig era pazzo, certamente era scomodo, e non per nulla la tradizione popolare attribuisce la sua misteriosa morte nel lago ad assassini senza nome.
Non siamo solo di questo mondo
Hoimar von Ditfurth
Libro
editore: Neri Pozza
anno edizione: 1997
pagine: 280
Dall'India
Hermann Hesse
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 1995
pagine: 116
Hermann Hesse compie un viaggio in Asia che sarà determinante per la sua opera intera. Viaggia come quegli asiatici di cui ammira l'instancabile nomadismo. Viaggia soffrendo, magari (il caldo, gli insetti, la sporcizia, i ritardi), ma viaggia intensamente. Al ritmo giusto, degustando foresta per foresta, albero per albero, quasi foglia per foglia. E cercando il contatto umano non si mescola agli indigeni, pronto all'abiura europea come gli Stevenson e i Gauguin. Uomo delicato e nervoso, ancorché simpatizzante e quasi adepto, Hesse si mantiene tra amore e ironia, tra accettazione e gentile rifiuto, spinto dal desiderio di "tornare alla fonte della vita, dalla quale tutto ha avuto origine e che rappresenta l'eterna unità di tutti i fenomeni".