SE
Presenza e profezia
Paul Claudel
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 216
"Presenza e profezia", uscito in Francia nel 1939, viene qui riproposto nella traduzione del poeta Sandro Penna. «È un’opera di grande importanza, che mi è costata molto lavoro e molta riflessione» scrisse Claudel a un amico, e in quella stessa lettera ne spiegò le ragioni: «Quando, il 25 dicembre 1886, uscii profondamente turbato e confuso da quella cattedrale di Notre-Dame nella quale avevo appena ricevuto la rivelazione di uno stato di cose tanto assurdo e scandaloso quanto – dovevo riconoscerlo – indubitabile, un problema mi si pose: come conciliare quei due ordini di verità sovrapposti e, in apparenza, estranei l’uno all’altro, se non contraddittori? Da una parte il mondo della realtà sensibile, che per la mia giovane vocazione poetica era il mondo della bellezza e della gioia, dei desideri e delle passioni, dall’altra quell’altro mondo, estraneo al primo, tanto potente, tanto straziante, ma al tempo stesso tanto terribile, che si era presentato alla mia anima con autorità invincibile [...]. Partendo dall’idea che dal vertice al fondo e da un estremo all’altro della Creazione esista un’omogeneità di disegno e di piano, cerco di dimostrare che ogni conoscenza, sia pur rivolta alle verità soprannaturali, non è esente dall’utilizzo di quelle facoltà sensitive di cui i nostri diversi apparati fisici accordano l’attività al nostro ambiente quotidiano. È così che, nel raccoglimento della meditazione, la Presenza di Dio non si manifesta “unicamente” alla nostra intelligenza, bensì al nostro essere complessivo, le cui diverse facoltà non formano in realtà che un tutto inseparabile, orientato secondo le circostanze in direzioni diverse, ma non senza che l’uso di una facoltà implichi, su piani differenti, l’attività più o meno latente di tutte le altre».
L'autodifesa di un folle
August Strindberg
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 288
Nel 1904, in una lettera a Emil Schering, suo traduttore tedesco, Strindberg ricapitola il piano generale della propria autobiografia: Il figlio della serva, Tempo di fermenti, Nella Sala Rossa, Lo scrittore, Autodifesa di un folle (con l’allegato epistolario Lui e lei), Il secondo racconto dell’ufficiale di quarantena, Inferno, Leggende, Solo, Diario occulto, infine il carteggio. E aggiunge: «È il solo monumento che chiedo: una croce di legno nero e la mia storia!». Quinto capitolo, dunque, di quest’immenso affresco autobiografico, l’Autodifesa di un folle venne stesa direttamente in francese tra il settembre 1887 e il marzo 1888. «Questo è un libro atroce» confessa subito l’autore nella premessa. «Nato dalla giusta necessità di lavare il mio cadavere prima che sia chiuso per sempre nella bara». Strindberg «viviseziona» con inedita crudeltà la storia della tempestosa e infelice relazione con la prima moglie, la baronessa Siri von Essen. Una spietata «inchiesta», una lucidissima analisi della «lotta a due chiamata matrimonio», un’immersione dolorosa nella follia coniugale costellata di litigi, rotture, riconciliazioni, dove l’amore si muta in odio e il dramma precipita: una partitura in cui il violento furore dell’invettiva contro la donna, le allucinazioni, il delirio, lo sconforto, la visione, il sogno convivono superbamente orchestrati in uno straordinario equilibrio. Con uno scritto di Franco Perrelli.
La libellula e altri scritti
Amelia Rosselli
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 144
Vengono qui riproposti alcuni testi fondamentali di Amelia Rosselli (Parigi 1930-Roma 1996), uno dei massimi poeti contemporanei. Al poema “La libellula”, scritto nel 1958 e che «ha come tema centrale la libertà», seguono trentuno poesie del 1963-1965 tratte da “Serie ospedaliera”. Il tono «piuttosto volatile» del poema, concepito (è sempre l’autrice a suggerirlo) «in forma di drago che si mangia la coda» o a imitazione di un «rullo cinese», è abbandonato o forse genialmente compresso e inglobato nei componimenti di “Serie ospedaliera”, caratterizzati da quella densità oracolare – al tempo stesso neutrale e folgorante, impenetrabile e straziata – in cui la critica ha ravvisato la specificità e il carattere potentemente innovativo del lavoro di Amelia Rosselli. Come ha scritto Pier Paolo Pasolini nel 1963: «[…] In realtà questa lingua è dominata da qualcosa di meccanico: emulsione che prende forma per suo conto, imposseduta, come si ha l’impressione che succeda per gli esperimenti di laboratorio più terribili, tumori, scoppi atomici, dominati solo scientificamente, ma non nei sintomi della terribilità, in quel loro accadere ormai oggettivo. Sicché il magma – la terribilità – è fissato in forme strofiche tanto più chiuse e assolute quanto più arbitrarie. […] Direi che non mi sono mai imbattuto, in questi anni, in un prodotto del genere, così potentemente amorfo, così oggettivamente superbo». Completano il volume alcuni scritti autobiografici, tra cui il mirabile “Diario ottuso”.
Ragione e antiragione nel nostro tempo
Karl Jaspers
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 112
Per Jaspers la ragione è un polo intrascendibile del nostro essere, l'altro è l'esistenza. L'esistenza è la sorgente e il limite dell'attività razionale; ma non esiste un altro organo o un altro atteggiamento dell'uomo che ci permetta di superare questo limite e di entrare in un rapporto immediato e incondizionato con l'essere; e ciò perché la ragione non è un principio a sé stante ma una possibilità dell'esistenza, anzi l'esistenza stessa in quanto si illumina nelle sue possibilità, nel suo essere "esistenza possibile", nel suo essere "ricerca dell'essere". Questo ruolo ineliminabile e decisivo della ragione si va sempre più accentuando nella filosofia di Jaspers, com'è attestato anche da una dichia-razione autobiografica contenuta nella presente opera: "Decenni or sono ho parlato di filosofia dell'esistenza [...]. Oggi preferisco dare alla filosofia il nome di filosofia della ragione, poiché sembra urgente sottolineare questa sua antichissima natura. Se la ragione va perduta, con essa va perduta anche la filosofia. Il suo compito fin dall'inizio è stato, e rimane, quello di attingere la ragione, di co-stituirsi in quanto ragione, e più precisamente in quanto ragione autentica, dell'intelletto vincolante e appropriandosene totalmente, non si invischia nelle angustie dell'intelletto". (Dallo scritto di Pietro Chiodi)
Comprendere l'Islam
Frithjof Schuon
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 176
"Quello a cui miriamo, in questo libro, è in definitiva la scientia sacra o la philosophia perennis, la gnosi universale che è sempre stata e che sempre sarà. Pochi discorsi sono così spiacevoli come i lamenti convenzionali sulle «ricerche» mai soddisfatte dello «spirito umano»; in realtà, tutto è già stato detto, ma si è ben lontani dal fatto che tutto sia stato sempre compreso da tutti. Non sarebbe dunque il caso di presentare «nuove verità»; ciò che s’impone alla nostra epoca, anzi ad ogni epoca che si allontana dalle origini, è fornire ad alcuni chiavi rinnovate – più differenziate e più riflessive di quelle antiche, ma non migliori – per aiutarli a riscoprire verità che sono iscritte, con scrittura eterna, nella sostanza stessa dello spirito. [...] Il libro si rivolge in primo luogo a lettori occidentali, considerata la sua lingua e la sua dialettica, ma non dubitiamo che lettori orientali di formazione occidentale – che abbiano forse perduta di vista la fondatezza della fede in Dio e della tradizione – possano ugualmente trarne giovamento e comprendere, in ogni caso, che la tradizione non è una mitologia puerile e desueta, ma una scienza terribilmente reale." (Dalla Prefazione di Frithjof Schuon)
Apocalisse di Giovanni. Testo latino a fronte
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 136
“L’’Apocalisse’ è l’opera di un Sene: dopo grandi vecchi quali i Profeti e Lao-Tze e Pitagora, il più bianco tra tutti Giovanni, il Vangelista del Logos, che relegato in una menoma isola dell’Egeo di Pan, sotto le stesse stelle che Saffo aveva vedute tramontare, nel giorno del Signore ha e scrive il rapimento dell’angoscia e della speranza: intorno a roghi asiatici leva un colore di mattino da restare eterno sulle mura della Città dalle porte spalancate ov’egli non vide alcun tempio «perché il Signore Iddio onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio». In essa un fiume d’acqua viva scaturisce dal trono di Dio. «E chi ha sete, venga; e chi vuole prenda dell’acqua della vita gratuitamente».” (Dalla postfazione di Massimo Bontempelli)
Scritti
Pablo Picasso
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 216
“Questo non è un altro libro su Picasso: è il libro di Picasso, pensato, raccontato, scritto da Picasso. Mario De Micheli, che lo ha curato, ha infatti riunito in esso tutte le poesie che Picasso è andato scrivendo, soprattutto intorno al ’35, e la commedia Il desiderio preso per la coda, che scrisse nel ’41 e che nel ’44 ebbe interpreti eccezionali quali Queneau, Sartre, Simone de Beauvoir; ha quindi raccolto le dichiarazioni, le professioni di fede, le lettere, le interviste fondamentali in cui si esprime nel modo più esplicito e immediato il mondo ideale di Picasso, la sua visione umana, politica, estetica; ha infine riunito gli insostituibili colloqui con Kahnweiler, l’amico e il mercante che fu a fianco di Picasso fin dagli anni eroici del primo cubismo. Ne è nata così un’opera per molti aspetti straordinaria, in cui la vitalità e la genialità di Picasso si manifestano ora in un gioco crepitante di immagini, ora nella battuta mordente, quasi epigrammatica, ora nello scatto fulminante di un’intuizione critica, nella spregiudicata allegria di un improvviso paradosso. Questo libro risulta illuminante anche per quanto riguarda l’arte di Picasso. Scoprendoci certi meccanismi interiori della sua psicologia, rivelandoci il funzionamento del suo mondo fantastico, la genesi e il processo associativo e dissociativo per cui egli giunge a dare corpo e fisionomia alle sue immagini, ci scopre anche per tanta parte l’origine, il formarsi e lo strutturarsi dei suoi modi figurativi. Quel che Picasso pensa di Michelangelo o di Rubens, di Van Gogh o di Cézanne, del Rinascimento o del cubismo; quel che dice dei suoi quadri, delle Demoiselles d’Avignon o di Guernica; i suoi giudizi su Franco e sulla guerra di Spagna o sull’impegno dell’artista contemporaneo ci consentono di avere di lui, dell’uomo e dell’artista, un’idea completa e sicura.”
La gelosia
Alain Robbe-Grillet
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 128
“Sebbene la storia in sé non sia propriamente poliziesca, lo è però al massimo grado per quanto riguarda il suo procedimento narrativo: che è rigorosamente indiziario. Vale a dire che, come nelle detective stories classiche, l’interesse è commisurato alla voglia e alla capacità del lettore di valutare gli indizi che progressivamente gli vengono offerti (compresi quelli che rischieranno di sviarlo) e trarne da sé le deduzioni corrette. Anticipare qui dei chiarimenti altro che stilistici, puramente formali, significherebbe perciò non «stare al gioco» e attirarsi il giusto risentimento di quanti, invece, al gioco intendono starci e restarci fino alla fine.” (Dalla Prefazione di Franco Lucentini)
Monsieur Proust
Céleste Albaret
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 384
"Quando Marcel Proust morì, già celebre nel mondo, nel 1922, molti si precipitarono da colei ch’egli chiamava la sua «cara Céleste», per ottenerne la testimonianza, i ricordi. Molti sapevano che solo lei (per essergli vissuta accanto negli otto decisivi anni della sua esistenza) deteneva verità essenziali sulla persona, sul passato, sugli amori, sullo sguardo sul mondo, sul pensiero, sull’opera di quel grande, geniale infermo. Quelle stesse persone non ignoravano che, per ore e ore, tutte le notti – notti che erano il giorno per quell’uomo –, Céleste Albaret aveva avuto l’eccezionale privilegio di sentirlo raccontar di sé sul filo della memoria, e raccontare le serate da cui tornava, e mimare e ridere come un fanciullo e tracciare già ad alta voce questo o quel capitolo dei suoi libri. Céleste era il testimone principe, il centro di tutto. Ma per cinquant’anni rifiutò di parlare. La sua vita, diceva, se n’era andata con Monsieur Proust. E come lui s’era costretto, in volontaria reclusione, nella propria opera, così lei ormai voleva vivere da reclusa nella sua memoria. Soltanto così lui sarebbe rimasto il magnifico monarca dello spirito e il mostro di tirannia e di bontà ch’ella aveva, come oggi dice, «amato, subìto, assaporato». Tentare di render tutto questo – e di renderlo malamente, come temeva – avrebbe significato tradirlo. Se ora, a ottantadue anni, ha mutato parere è perché ha ritenuto che altri, meno scrupolosi, avessero tradito Marcel Proust, sia perché non disponevano delle sue fonti di verità, sia per eccesso di fantasia o per la tentazione di erigere a tesi le loro piccole, «interessanti» (o interessate) ipotesi. Quanto a me, affermo che non avrei accettato di farmi l’eco di Madame Albaret se dopo alcune settimane – sui cinque mesi che durarono le nostre conversazioni – non mi fossi convinto della sua assoluta sincerità. Poiché questo libro urterà molti preconcetti e susciterà numerosi malumori, volevo esser assolutamente certo di non prestarmi a un altro genere di tradimento: quello, come ho detto un giorno a Madame Albaret, di erigere un’icona." (Dall’introduzione di Georges Belmont)
Cuore di tenebra
Joseph Conrad
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 128
"Cuore di tenebra" fu scritto da Conrad in due mesi, nel 1898, sotto l’influsso della biografia e del mito di Rimbaud. È anzitutto un libro sul viaggio, sulla passione della scoperta di luoghi nuovi. In seguito, la vicenda di Marlow diventa una discesa agli inferi, nel cuore dell’Africa. L’incontro con Kurtz – agente dei mercanti d’avorio, che ha reso brutalmente schiavi gli indigeni – mette il protagonista, e il lettore, a contatto con il “cuore di tenebra”: il Male, reso grottesco da quegli uomini che credono Kurtz una sorta di divinità. Ma anche lui è, a suo modo, una vittima della solitudine, della follia della cultura occidentale che va in mille pezzi quando entra in contatto con l’Altro. La morale del polacco-inglese Conrad è una risposta polemica al russo Dostoevskij: dato che Dio non c’è, difendiamoci da soli contro noi stessi». Con uno scritto di Alessandro Baricco.
Lettere d'amore a Louise Colet 1846-1848
Gustave Flaubert
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
«Ho seno, collo e spalle di grande bellezza. La pettinatura (di un castano chiarissimo, bionda al tempo della mia infanzia), composta di lunghissimi boccoli che ricadono sulle tempie, velano le gote e scendono fino alle spalle, mi attira molti complimenti. Ho la fronte alta, ben fatta, molto espressiva, le sopracciglia folte e finemente disegnate, gli occhi azzurro cupo, grandi, bellissimi quando ardono al fuoco del pensiero e delle sensazioni». Ecco l'autoritratto che Louise Colet consegna al suo diario, il 14 giugno 1845. Un anno dopo, tra questa donna e Gustave Flaubert nasce una relazione, tenera e tempestosa. Ventiquattrenne, «di una bellezza eroica», Gustave trova in Louise «la sola donna che ho amato e che ho avuto». Trentaseienne, già amante del filosofo Victor Cousin, Louise crede, romanticamente ostinata, alle ragioni del cuore. Sono entrambi scrittori, l'una di qualche fama, l'altro appena agli inizi. Sono entrambi legati a un nucleo familiare, lei a un marito e a una figlia, lui a una madre. La loro vicenda è un ininterrotto tentativo di trasformare gli equilibri tra la «generosità» di un grande amore che diventa per Louise il centro della vita, e l'«avarizia» di un amore che per Gustave ha un posto ben definito tra gli affetti, le amicizie, i progetti di viaggi esotici e il sogno d'Arte che ne domina l'esistenza. Agli slanci dell'amica, Gustave oppone la riserva dell'amato, la malinconica autosufficienza del prigioniero volontario. Alle sofferenze, alle rappacificazioni, alle accuse, all'addio seguirà il silenzio; placate le tensioni, la relazione riprenderà poi in un altro tono e con altri ruoli: sarà un artista compiuto che dettaglia alla sua confidente i lineamenti di una nuova estetica che si sta incarnando in uno «scandaloso romanzo», "Madame Bovary". Di questa storia d'amore le lettere mostrano giorno per giorno la traccia fresca. Ed è una traccia che ci rivela uno scrittore che ha fatto dire ad André Gide: «Se l'opera intera di Flaubert dovesse essere messa su un piatto della bilancia, la sola Corrispondenza, gettata sull'altro, la supererebbe; e se mi fosse permesso di conservare soltanto l'una o l'altra, io sceglierei quest'ultima».
Le sventure della virtù
François de Sade
Libro: Libro in brossura
editore: SE
anno edizione: 2025
pagine: 160
«È fra il 23 giugno e l’8 luglio 1787, alla Bastiglia, nella sua stanza della Seconda Libertà, che il marchese de Sade, nonostante una dolorosa malattia agli occhi, redige senza posa il racconto filosofico Le sventure della virtù. Completo nella sua prima stesura, destinato allora a far parte dei Contes et Fabliaux du XVIIIe siècle che il prigioniero stava scrivendo, Le sventure doveva subire notevoli modifiche a partire dall’anno seguente [...]. La sua teoria preferita vi si sviluppa già in uno spirito sistematico. Molte virtù punite sono offerte alla riflessione del lettore: la castità (episodio di Dubourg); il rifiuto di rubare (Du Harpin); quello di associarsi a una banda di malfattori (nella foresta di Bondy); quello di prestarsi a un avvelenamento (M.me de Bressac); il fatto di opporsi alla dissezione di una fanciulla viva (Rodin); la pietà (l’eroina vuole accostarsi ai sacramenti: i monaci la violentano); infine la beneficenza (episodio del capo dei falsari e del bambino salvato da un incendio). Nelle Sventure della virtù come nei migliori racconti dei Crimes de l’amour, il marchese de Sade si è elevato all’altezza dei migliori scrittori europei del genere. Che vivezza nella narrazione, che energia nei dialoghi, come resta puro il suo lessico nel mezzo degli orrori che ci riferisce, come sa straziarci il cuore la sua maestria nelle gradazioni!». (Dallo scritto di Gilbert Lely)