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Libri di Stefano Andreani

Breve storia della Rhodesia (1965-1980)

Breve storia della Rhodesia (1965-1980)

Stefano Andreani

Libro: Copertina morbida

editore: Simple

anno edizione: 2012

pagine: 139

L'11 novembre 1965 il governo di minoranza bianco della colonia britannica della Rhodesia del Sud (Africa australe, attuale Zimbabwe), con premier Ian Smith, dichiarava unilateralmente l'indipendenza con l'UDI - Unilateral Declaration of Indipendence. La Rhodesia della White Supremacy era la seconda economia dell'Africa nera dopo il Sudafrica, e il più importante mercato dei capitali d'Africa dopo la Johannesburg Stock Exchange. Nel 1980, 15 anni dopo l'UDI e in seguito ad una sanguinosa guerr, la Rhodesia nemmeno nominalmente esisteva più: si costituiva al suo posto lo Zimbabwe africano di Robert Mugabe.
12,00

Il regno di Saturno trasformato in età dell'oro

Il regno di Saturno trasformato in età dell'oro

Huginus a Barma

Libro

editore: Edizioni Mediterranee

anno edizione: 1986

pagine: 120

Arpocrate regna non soltanto sull'asciuttezza stilistica dell'operetta che la Biblioteca Ermetica qui presenta, ma anche sulla figura dell'autore, Huginus à Barmâ, la cui dimensione storica, ricoperta in modo alchemicamente usuale dall'evidente pseudonimo, fu e resta velata. Pallide notizie offre il Ferguson, scarse le citazioni tra i contemporanei (Fulcanelli, Alleau) e altre ricerche, come quella compiuta anni fa dall'editrice Arché, rimangono allo stadio della buona volontà filologica. Il piccolo trattato con il titolo di Saturnia Regna in aurea saecula conversa fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1657. La sua traduzione francese fu del 1780, e il traduttore, anch'egli anonimo, fornì le poche informazioni su Huginus di cui in pratica disponiamo e che il lettore potrà ritrovare ora in questa integrale versione italiana di quella traduzione. Chi abbia a mente il lessico alchemico non troverà difficoltà ad immergersi nelle pagine di Huginus, e però potrà stupirsi che il traduttore francese (si ricordi la data 1780) non cerchi minimamente di sottrarre al dettato originale la sua criptica struttura linguistica, ma badi piuttosto, ad accortamente seguirne la lettera, a non turbare l'antica tramandata metafora. La cultura medica di Paracelso, il suo indirizzo iatrochimico, di cui Huginus è portavoce, sono così ancora di prima mano nell'attenta e letterale traduzione francese nella quale il travaglio di una cultura ancora sofferta da cosmografie dissimili, se non contrapposte, e che all'epoca avranno già conosciuto il rasoio sperimentale di un Boyle, sembra potersi dimenticare come fatto marginale se non inesistente. E tanto può far riflettere il lettore, se lo crede opportuno, su come sia impossibile - e per fortuna - distaccare il risultato alchemico, anche nei suoi gradini terapeutici, dalla parola compilata e trascritta nel tempio "soterico" dell'immaginazione. Parrebbe ancora una lezione d'umiltà a chi voglia assimilare a tutti i costi il concetto di "reale" a quello di "osservabile" o "tangibile". Il regno di Saturno ricorda che è dato un luogo semantico proprio dell'alchimia formatosi per sedimenti, spontaneamente ma giustamente sovrapposti e che, nonostante le insignificanze filologiche, il lessico alchemico ha per territorio naturale l'immaginario scandito dalla sua prassi operativa e dai suoi ricordi concettuali. Tanto che, in Huginus, Geber può mescolarsi a Paracelso, autori in cifra diversa, d'identiche finalità che il trattatello rammenta: "La natura prudente sia dunque la maestra dell'opera: quando lei da' i pesi, distribuisce tutto saggiamente tanto nella creazione del grande mondo quanto nella creazione della nostra opera segreta, che poi altro non è se non un'imitazione o una copia dell'altro".
14,50

Un libretto di alchimia. Inciso su lamine di piombo nel secolo XIV

Un libretto di alchimia. Inciso su lamine di piombo nel secolo XIV

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Mediterranee

anno edizione: 1984

pagine: 104

Il «Libretto d'alchimia» che si ripropone in questa collana è un codice plumbeo d'incerta datazione che, trovato nella biblioteca di Scipione Lapi, fu stampato, quasi alla macchia, nel 1910. Una certa notorietà gli venne dal comportamento che Arturo Reghini (Pietro Negri) gli dedicò uno dei fascicoli di UR. Quel commento, con tutte le sue implicazioni ermetico-massoniche, viene qui riprodotto in appendice. Di fatto, però, il "Libretto", con le sue incisioni naif, è rimasto un oggetto nascosto, perché le immagini dell'originale non furono riprodotte da Reghini, e perché, in pratica, il libro diventò introvabile. L'attuale riedizione permetterà quindi di riscoprire tutto l'apparato iconografico che sarebbe altrimenti andato disperso. Oltre questo il "Libretto", ristampato nella sua totale integrità, offre la lettura di due introduzioni d'epoca che permettono d'analizzare la scarsa sapienza metaforica di un mondo accecato dal più grossolano positivismo. Dal libretto d'alchimia emerge l'incisione della III tavola che rappresenta, con voluta sciatteria, la splendida metafora dell'androgine. Proprio sull'androgine che esprime una delle "eccellenti" esemplificazioni della tecnica alchemica il lettore è invitato a riflettere. Un'introduzione di Stefano Andreani, che ha curato l'edizione, ricorda alcuni dei possibili significati dell'androgine e, brevemente, le sue possibilità simboliche.
13,90

Le grand oeuvre. La grande luce

Le grand oeuvre. La grande luce

Emile Grillot de Givry, Huai-Nan-Tze

Libro

editore: Edizioni Mediterranee

anno edizione: 1983

pagine: 144

Grillot de Givry propone ed “offre”, poiché il termine è in questo caso corretto e mediato dalla sua capacità, il valore ermeneutico del senso di ogni meditazione. Il suo rapporto col mondo vuole che la meditazione si travesta di stoffe alchemiche. Un modo come un altro per seguire la via della spiritualità. È la logica intima e complessa dello Athanor che si desume per interne ma anche esterne ed estreme contemplazioni. La purezza del proprio “Io” informa il corpo della sua caduca presenza. La preghiera meditante di Grillot de Givry ce lo ricorda. Al di là dell’interesse puramente e formalmente esoterico Le grand oeuvre, pubblicato all’inizio del ‘900, è il testamento spirituale di un uomo che dedicò gran parte della sua vita all’esoterismo e alla sua pregnante iconologia. Le dodici meditazioni de Le Grand Oeuvre, legate al cosmico dramma dell’ultima cena per volontaria numerologia, si descrivono come storia cosmologica dell’Io. Si tratta di un’operetta ritmica, dove il balzo della meditazione ripropone sempre la poesia della metafora del vivere. Le dodici meditazioni che in prima traduzione italiana vengono proposte in questa collana si determinano come un classico Rosarium philosophorum: un libro della pietra concepito e vissuto come trascendenza totale. La spiritualità di Grillot de Givry si fa rarefatta spesso nelle meditazioni rispetto alla corposa e a volte paradigmatica enigmaticità dell’alchimista classico. Pure, in questo splendido libro, la meditazione diventa un atto di concentrata preghiera dove l’anima del mondo si confonde con un “Io” che cerca di contemperarne il livello. Il Sole e la Luna alchemici diventano così possibile comprensione orante. Grillot de Givry cerca di osservare in se stesso e invita gli altri a ricordare il proprio corpo di luce e a viverlo con pia consapevolezza. La nota introduttiva di Giovanni Vannucchi ricorda con affettuoso interesse tutto ciò e propone un’attenta e singolare possibilità meditativa all’uomo contemporaneo che non sia del tutto estraniato dal suo Essere.
15,49

Dizionario di alchimia e di chimica antiquaria. Paracelso

Dizionario di alchimia e di chimica antiquaria. Paracelso

Gino Testi

Libro

editore: Edizioni Mediterranee

anno edizione: 1983

pagine: 304

Il dizionario è un emblema del mondo. In senso traslato, si potrebbe dire che esso rappresenta un'operazione allitterante. Il mondo, infatti, viene conosciuto per « termini » e vocaboli, per definizioni e per equazioni d'etimo. La spirale della spiegazione rimanda sempre all'ineffabilità della parola. Nel caso del vocabolario specialistico il mondo si raggruppa sotto una sorta d'insiemi estratti dalla piccola, ma unica, matrice, che in quel momento riguarda la conoscenza. Si prenda il Dizionario di Alchimia e di Chimica Antiquaria di Gino Testi che si ripropone come « fuori collana » della Biblioteca Ermetica: esso è matrice da cui esce una bizzarra congerie di amore-odio nei confronti dell'Arte. Il libro è scritto nel 1942 e stampato per la prima volta nel 1950, in un clima in cui l'Alchimia, e per rendersene conto si vada a rileggere tale « voce » nell'enciclopedia Treccani, è del tutto dominata, a livello, s'intende, ufficiale, da un imperante e abbastanza sciocco utilitarismo positivista. Pure, Testi ne fa un lessico, eliminando lo spessore poetico di Peraety - che già aveva saccheggiato Tollius, Fabre e Maier - ancora sopravvivente. Sotto la maschera « archeologica » dell'effimero riesce a contrabbandare, in climi culturali ardui, il ricordo dell'Arte. Alla riedizione del Dizionario s'aggiunge la riproposta di un volume su Paracelso, sempre di Testi, del tutto introvabile e che il curatore è riuscito a reperire. Lo stesso curatore premette all'edizione una « nota » sul dizionario.
29,50

Incipit. Le tecniche dell'esordio nel romanzo europeo
11,36

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