Libri di Luciana Montagnani
La matrioska
Luciana Montagnani
Libro: Libro in brossura
editore: Robin Edizioni
anno edizione: 2024
pagine: 560
Una storia italiana, che inizia nel 1858 in Toscana, in un paesino della Maremma, dove finisce nell’agosto del 2020, e che si snoda tra Firenze, Torino e Milano. La protagonista Sara, quarant’anni, insegnante, con una separazione incombente, decide di intraprendere l’analisi, per tentare di dare un senso alla propria esistenza, segnata da un costante malessere, legato soprattutto alla solitudine sentimentale e all’assenza di fiducia nel genere maschile. All’improvviso sente risvegliarsi dentro di sé la bambina che è stata e i ricordi di un’infanzia apparentemente idilliaca, in un universo per lo più al femminile, dove però ora intravede delle crepe e risente gli echi favolistici dei racconti della mitica Tata, dietro ai quali si celavano segreti sulle sue antenate. Sara inizia così un percorso a ritroso nel passato della propria famiglia, per svelare quei segreti, per dare sostanza e dignità umana a quelle misteriose presenze. Scopre di portare il cognome di una donna e, colmando con l’immaginazione i vuoti che proprio non può riempire, si mette a scrivere le storie delle sue ave, per ridare loro la visibilità che nella storia della famiglia è stata loro sottratta.
Sonecka
Marina Cvetaeva
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2019
pagine: 287
Marina Cvetaeva conobbe l'attrice Sof'ja (Sonecka) Gollidej – il suo «più grande amore femminile» – alle soglie del 1919, il «più nero, pestilenziale, mortifero» degli anni postrivoluzionari, quando in una Mosca misera e affamata «si affratellò a una banda di commedianti»: gli attori allievi del Secondo Studio presso il Teatro d'Arte. Ventidue anni – ma con l'aspetto di una ragazza-bambina –, elfo, Mignon, Infanta, Sonecka, che aveva allora grande successo nelle «Notti bianche» di Dostoevskij, era capricciosa, sentimentale, indisciplinata, instancabile raccontatrice di sciocchezze, sogni, deliziose storielle, con un debole per le «paroline da collegiale», i diminutivi, le romanze strappalacrime da cui sembrava lei stessa uscita – l'opposto dell'indole «virile, retta, di acciaio» di Marina. Fra le due donne nacque una «amicizia frenetica, reciproca deificazione di anime», destinata a concludersi quando, dopo neppure un anno, Sonecka abbandonò Mosca per seguire il suo «destino di donna». Scritto nel 1937, quando ormai tutto annunciava la catastrofe finale (la Cvetaeva era stata definitivamente proscritta dalla colonia «émigrée» parigina e il marito, smascherato come agente sovietico, sarebbe fuggito di lì a poco nella Russia comunista, dove aveva già fatto ritorno la figlia Alja, dalla quale era arrivata la notizia della morte di Sonecka), all'ombra della perdita e del dolore, il racconto-epitaffio è smagliante, luminoso, sembra irradiare vitalità e tepore. Prodigi di una ancora viva affezione, ma anche di una scrittura – sempre sottesa dal pensiero poetico – che coniuga arditamente il sublime con la lingua della vita quotidiana, della strada.