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Officina Libraria: Lettere Arti Storia

Adone tra mito e storia. Il «dio che muore» nel Rinascimento italiano

Carlo Caruso

Libro: Libro in brossura

editore: Officina Libraria

anno edizione: 2026

pagine: 256

Mitico amante di Venere, Adone ha tradizionalmente ispirato poeti e mitografi a trattare il fascino della fragile bellezza maschile funestata da morte precoce, anche se destinata periodicamente a risorgere di nuova vita nell’interpretazione allegorica del mito, tradizionalmente associato all’avvicendarsi delle stagioni. Il volume tratta principalmente della fortuna del mito adonio nella prima età moderna e, in particolare, di come l’antico mito di morte e rigenerazione venne ripreso da poeti ed eruditi, i quali assicurarono alla figura di Adone un posto unico nel rinnovato interesse per la mitologia classica. Nell’età dell'Umanesimo, la prima significativa e originalissima reviviscenza del mito adonio si deve alla poesia latina del grande umanista Giovanni Pontano (1429-1503). Il genere dell’idillio pastorale o boschereccio diffonde il mito adonio nell’ambito della poesia in volgare e in stretto rapporto con gli interpreti del mito nella pittura narrativa cinque-secentesca: Sebastiano del Piombo, Tiziano, Veronese, Cambiaso, Annibale Carracci, Rubens, van Dyck, Poussin e molti altri. La parallela diffusione di interpretazioni sincretistiche del mito di Adone è accolta in enciclopedie e repertori mitologici cinquecenteschi con insistenti richiami al valore allegorico-simbolico che una tradizione già antica assegnava alla vicenda e che avrà larga fortuna anche nei secoli successivi. Alla tradizione sincretistica si richiama Giovan Battista Marino in parti dell’Adone (Parigi 1623), il più celebre poema dell’età barocca e il più lungo della letteratura italiana, rielaborando arditamente certi aspetti del mito in un complesso omaggio alla dinastia dei Borboni di Francia. Vivaci polemiche letterarie e ideologiche seguirono alla pubblicazione del poema fino a provocarne la censura da parte dell'indice e indurne una ricezione assai singolare, divisa fra pubblico biasimo e segreta ammirazione.
19,80

Nel nostro tempo

Eugenio Montale

Libro: Libro in brossura

editore: Officina Libraria

anno edizione: 2026

pagine: 88

Pubblicato per la prima (e unica) volta nel 1972 da Rizzoli nella Biblioteca dell’Istituto Accademico di Roma, Nel nostro tempo si presenta come un collage di pensieri, stralci di interviste e interventi dispersi di Montale, raccolti dal filosofo e storico della filosofia Riccardo Campa, con l’intento di offrire una prima summa del pensiero montaliano. All’inizio degli anni Settanta, anche in vista della candidatura al premio Nobel (poi vinto nel 1975), Montale sentiva infatti l’esigenza di offrire un compendio delle sue riflessioni sulla cultura, l’arte, la società del suo tempo, rivendicando per sé il profilo di un poeta-critico-pensatore la cui statura sarebbe poi emersa con chiarezza negli anni a seguire. A distanza di oltre cinquant’anni, riproporre al pubblico questo agile volume significa certificare la centralità dei lavori montaliani non solo nel panorama della poesia novecentesca, ma anche in quello della critica della società, come la chiamava Gyorgy Lukács. Il testo consente infatti molteplici piani di lettura, non ultimo quella che guarda più direttamente al nostro presente e che consente dunque di misurare punti di tangenza e linee di discontinuità tra le riflessioni montaliane e la società letteraria e artistica attuale. Montale è in effetti tra i primi poeti in Italia a riflettere sul cambio di statuto dell’opera d’arte nella modernità, sulla sua “fruizione” nell’ambito della società mass mediatica, sul rapporto tra arte, tecnologia, lavoro. Riflettendo sul suo “tempo”, Montale riflette sul suo ruolo di poeta rispetto alla società dei consumi, sui mutamenti dei rapporti di equilibrio tra arte, letteratura, società, di come cioè la storia “ferisce” gli uomini e di come gli uomini trovano delle strategie per abitare queste ferite. La poesia che apre il volume, In un giardino “italiano”, è sintesi perfetta (e criptica, come sempre in Montale) di questo scenario, poi escusso in modo rabdomantico e geniale nel libro. «L’idea di un’opera che possa resistere al tempo si fa quindi di giorno in giorno più anacronistica: l’opera deve bruciarsi nel momento in cui è richiesta e goduta dal cosiddetto suo utente».
10,00

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