Controluna

La silloge di Caterina Cotroneo si presenta al lettore come una vasta e variopinta tela poetica. È la poesia dei ricordi, della resilienza interiore, della fede per il Creato. E dell’incontro della materia finita con l’infinito, della pluralità delle forme che si svelano e si nascondono… Ogni poesia è mano libera che la linea della vita incrocia. Espressione che amplifica il desiderio di vita. Luogo di riflessione, guida, che consente di mettere a fuoco le emozioni personali. L’autrice attraverso quest’opera, vuole tradurre sentimenti e azioni da tempo inespresse.

Costellazione di Sogni è una raccolta di poesie divisa in due parti: la prima è dedicata all'amore, mentre la seconda alla sofferenza e ai turbamenti interiori. Questa silloge si presenta come una testimonianza della comprensione umana dell'amore e del dolore e, soprattutto, mostra la profonda capacità di riuscire a continuare a sognare e sperare anche quando tutto sembra perduto.

Questa silloge esplora la solitudine e le angosce dell’uomo, l’imponderabilità dell’amore e le difficoltà della vita contemporanea. Attraverso un verso libero e musicale, Nozzoli canta anche la speranza e i sogni. Sei sezioni tematiche e tre racconti chiudono questa raccolta di straordinaria sensibilità poetica.

Una riserva idrica quando non piove da tempo. Una riserva idrica che tutti noi abbiamo dentro. Una riserva idrica che la incontri improvvisa all’uscita di una galleria. Una riserva idrica dove l’acqua è sempre più fresca anche di quella dei torrenti. Una riserva idrica che non ne puoi misurare l’orizzonte. Una raccolta di scritti poetici sulle risorse inaspettate della vita. In profondità come in superficie. Tra un padre e un figlio da sempre in cammino.

"La poesia di Ilaria Pederzoli non si limita a descrivere esperienze, ma invita a vivere e sentire, a percorrere insieme a lei le strade tortuose delle emozioni umane. In queste pagine l’amore e la delusione sono come due amanti che si abbandonano a un ultimo ballo, armonioso eppure dai passi incerti, come incerto è il futuro che li aspetta. Un abbraccio che è al tempo stesso liberatorio e opprimente. Tutti gli uomini sono destinati a soffrire, pochi hanno la straordinaria capacità di riconoscere la bellezza nel dolore, ma soltanto gli artisti riescono nella difficile impresa di trarre ispirazione da esso; Ilaria appartiene proprio a quest’ultima categoria." (Dalla Prefazione di Duilio Scalici)

Una raccolta di poesie d'amore saffico, in cui il desiderio si intreccia al tormento. I versi celebrano diverse donne, ma è una quasi sconosciuta, dalla pelle tatuata e l’anima triste, a essere bramata intensamente. Un viaggio poetico tra passione e lontananza, dove il fugace incontro tra due donne si protrae senza fine nell’immaginazione della protagonista in attesa del ritorno dell’amata.

"La neve che non ci siamo detti" è un diario del dolore. Parla del centro periferico dei ricordi da cui si staccano schegge di parole che provano invano a coprire la parete bianca del futuro. Di treni in ritardo e di lampioni difettosi. Del rumore metallico dei singhiozzi del passato che inquinano il presente. Parla dell’inevitabilità del passato e dell’inconsistenza del futuro, di angeli ubriachi e di tristezza trattenuta nei polsi.

L'opera è divisa in due parti. La prima parte è un lungo poema in versi sciolti, costituito da quaranta strofe di ventidue versi ciascuna, per un totale di ottocento ottanta versi. È un'indagine sulla natura umana, declinata dalla scala spirituale a quella terrena, ubiqua alle dimensioni psichiche e fisiche, al mondo del pensiero e a quello dell'azione. La suddivisione in quaranta strofe di ventidue versi ha un valore simbolico, intrinseco alla qualità sostanziale di questi numeri, ma anche formale; è funzionale alla musicalità dell'opera, così come l'ampio ricorso a rime, assonanze e figure retoriche. La seconda parte è una silloge di quaranta poesie, una sorta di prosecuzione della prima parte in frammenti dall'afflato metafisico, dalla metrica spesso verticale, densi di simbolismo esoterico, con un ritmo che vuole facilitare l'intensa relazione fra chi scrive e chi legge.

"…Qui Henry Ariemma, poeta riconosciuto, sempre caparbio e ispirato, ha il difficile, l’impossibile compito di doversi mettere in volo: e si sente, si trasmuta a Gabbiano, come per volare meglio assieme all’anima di Francesca, sua consorte dentro il cielo della vita ed ora molto più alto, nel cielo ribaltato, annientato della morte sprofondata di dolore, eppure ancora pura, radiosa come tutta la luce del loro rapporto – che fu forte e dolce, e tale ancora resta – anima con anima: questo ora solo la poesia (e la Fede!) potrà almeno dirlo, gridarlo al vento… " (Dalla Prefazione di Plinio Perilli).

La silloge di liriche comprende una selezione di testi scritti nell’arco degli anni. Accanto, infatti, a liriche più recenti, espressioni più mature del percorso esistenziale dell’autore e che evidenziano pure l’evoluzione del linguaggio, la raccolta comprende anche poesie giovanili. Si tratta di poesie d’amore, intimiste, poesie civili, poesie che parlano di donne o di amici che se ne sono andati, del tempo che passa, parlano anche di cani, ovvero parlano di tutto quello che chiamiamo vita, nella ferma convinzione che la scrittura costituisca sempre un atto politico e che la dimensione del privato e quella del politico non possano mai davvero essere disgiunte.

Note d’essenza vibrano lasciando scie di emozioni nelle righe di queste pagine, volteggiano lievi come un battito di ali di farfalla; suoni nostalgici, lontani ma decisi riportano la mente ad attraversare ricordi sfuocati che resistono come immagine vissuta ma presente. Profumi antichi, dolci, rivivono nei tanti momenti di esperienze vissute che solo con la poesia riemergono nell’inconscio naturale dei propri sentimenti.

La raccolta "Forse sul mio sentiero" rappresenta il tentativo di raccontare il passaggio sulla terra, il suo orizzonte verticale, la memoria di volti e spazi di tempo, di modi di camminare e di respirare la stessa aria. La poesia come metodo di lettura dell’orizzonte esistenziale, come ermeneutica dello spingersi oltre un’immediatezza che sconta la flessione del tempo, la sua unità, senza cogliere i contrari che sottendono al tutto.