Marsilio: Guide. I musei
L'Armeria di Palazzo Ducale
Paolo De Lorenzi
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una porta massiccia in legno di cedro, costruita con tavole fatte dispendiosamente venire dal Libano nel 1556, custodiva un tempo l'accesso alle Sale d'Armi di Palazzo Ducale. La competenza sulle "Munitioni" - questo l'antico nome del luogo - apparteneva al supremo Consiglio dei Dieci, come testimonia la sigla "cx" incisa sulla placca originale cinquecentesca della serratura, che vi ammetteva per la visita solo re, principi e ospiti eminenti. Da sempre, al fine di tutelare la sicurezza delle assemblee governative, nella sede del potere marciano esisteva un deposito di armi pronte all'uso. Nel XIV secolo fu sistemato accanto al Maggior Consiglio, nella sala - detta perciò dell'Armamento - in cui oggi si ammirano i resti del grande affresco staccato di Guariento con l'Incoronazione della Vergine; la suddivisione in due piani dava modo di sfruttare al meglio quello spazio. Il trasferimento nella sede odierna, dapprima una stanza, più tardi altre due già occupate dalla prigione della "Torresella" (sopravvivono, su una parete, numerose iscrizioni tracciate dai detenuti), risale al 1496.
Les collections d'armes du Palais des doges
Paolo Delorenzi
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una porta massiccia in legno di cedro, costruita con tavole fatte dispendiosamente venire dal Libano nel 1556, custodiva un tempo l'accesso alle Sale d'Armi di Palazzo Ducale. La competenza sulle "Munitioni" - questo l'antico nome del luogo - apparteneva al supremo Consiglio dei Dieci, come testimonia la sigla "cx" incisa sulla placca originale cinquecentesca della serratura, che vi ammetteva per la visita solo re, principi e ospiti eminenti. Da sempre, al fine di tutelare la sicurezza delle assemblee governative, nella sede del potere marciano esisteva un deposito di armi pronte all'uso. Nel XIV secolo fu sistemato accanto al Maggior Consiglio, nella sala - detta perciò dell'Armamento - in cui oggi si ammirano i resti del grande affresco staccato di Guariento con l'Incoronazione della Vergine; la suddivisione in due piani dava modo di sfruttare al meglio quello spazio. Il trasferimento nella sede odierna, dapprima una stanza, più tardi altre due già occupate dalla prigione della "Torresella" (sopravvivono, su una parete, numerose iscrizioni tracciate dai detenuti), risale al 1496.
The Armoury in the Doge's Palace
Paolo Delorenzi
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una porta massiccia in legno di cedro, costruita con tavole fatte dispendiosamente venire dal Libano nel 1556, custodiva un tempo l'accesso alle Sale d'Armi di Palazzo Ducale. La competenza sulle "Munitioni" - questo l'antico nome del luogo - apparteneva al supremo Consiglio dei Dieci, come testimonia la sigla "cx" incisa sulla placca originale cinquecentesca della serratura, che vi ammetteva per la visita solo re, principi e ospiti eminenti. Da sempre, al fine di tutelare la sicurezza delle assemblee governative, nella sede del potere marciano esisteva un deposito di armi pronte all'uso. Nel XIV secolo fu sistemato accanto al Maggior Consiglio, nella sala - detta perciò dell'Armamento - in cui oggi si ammirano i resti del grande affresco staccato di Guariento con l'Incoronazione della Vergine; la suddivisione in due piani dava modo di sfruttare al meglio quello spazio. Il trasferimento nella sede odierna, dapprima una stanza, più tardi altre due già occupate dalla prigione della "Torresella" (sopravvivono, su una parete, numerose iscrizioni tracciate dai detenuti), risale al 1496.
La Armeria del Palacio Ducal
Paolo Delorenzi
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una porta massiccia in legno di cedro, costruita con tavole fatte dispendiosamente venire dal Libano nel 1556, custodiva un tempo l'accesso alle Sale d'Armi di Palazzo Ducale. La competenza sulle "Munitioni" - questo l'antico nome del luogo - apparteneva al supremo Consiglio dei Dieci, come testimonia la sigla "cx" incisa sulla placca originale cinquecentesca della serratura, che vi ammetteva per la visita solo re, principi e ospiti eminenti. Da sempre, al fine di tutelare la sicurezza delle assemblee governative, nella sede del potere marciano esisteva un deposito di armi pronte all'uso. Nel XIV secolo fu sistemato accanto al Maggior Consiglio, nella sala - detta perciò dell'Armamento - in cui oggi si ammirano i resti del grande affresco staccato di Guariento con l'Incoronazione della Vergine; la suddivisione in due piani dava modo di sfruttare al meglio quello spazio. Il trasferimento nella sede odierna, dapprima una stanza, più tardi altre due già occupate dalla prigione della "Torresella" (sopravvivono, su una parete, numerose iscrizioni tracciate dai detenuti), risale al 1496.
Die Armeria des Dogenpalastes
Paolo Delorenzi
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una porta massiccia in legno di cedro, costruita con tavole fatte dispendiosamente venire dal Libano nel 1556, custodiva un tempo l'accesso alle Sale d'Armi di Palazzo Ducale. La competenza sulle "Munitioni" - questo l'antico nome del luogo - apparteneva al supremo Consiglio dei Dieci, come testimonia la sigla "cx" incisa sulla placca originale cinquecentesca della serratura, che vi ammetteva per la visita solo re, principi e ospiti eminenti. Da sempre, al fine di tutelare la sicurezza delle assemblee governative, nella sede del potere marciano esisteva un deposito di armi pronte all'uso. Nel XIV secolo fu sistemato accanto al Maggior Consiglio, nella sala - detta perciò dell'Armamento - in cui oggi si ammirano i resti del grande affresco staccato di Guariento con l'Incoronazione della Vergine; la suddivisione in due piani dava modo di sfruttare al meglio quello spazio. Il trasferimento nella sede odierna, dapprima una stanza, più tardi altre due già occupate dalla prigione della "Torresella" (sopravvivono, su una parete, numerose iscrizioni tracciate dai detenuti), risale al 1496.
Il doge. Vita pubblica e privata
Meri Sclosa
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una teoria di centoventi dogi - guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo - abbraccia la storia millenaria della Repubblica di San Marco, evocando la grandezza e gli splendori di uno stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. La forma perfetta di governo - così almeno la si considerava - elaborata dalla classe dirigente veneziana poneva ferree limitazioni all'autorità del principe, non un sovrano, ma un magistrato, seppure di eccelso grado, eletto a garante dell'edificio costituzionale. Si perde nelle nebbie del tempo la veridicità della nomina del primo Dux, che la tradizione, situando l'episodio nel 697, riconosce in Paoluccio Anafesto da Eraclea, comandante militare della provincia veneta subordinato al governatore bizantino di Ravenna. Dinanzi al ripiegarsi dell'impero romano d'Oriente, l'autonomia di Venezia cresce in modo progressivo: è l'anno 810 quando Agnello Partecipazio, dopo avere sconfitto l'esercito franco di Pipino, figlio di Carlo Magno, viene acclamato alla suprema dignità e sposta la residenza ducale a Rivoalto, nel luogo dove sorge tuttora.
Le doge. Vie publique et vie privée
Meri Sclosa
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una teoria di centoventi dogi - guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo - abbraccia la storia millenaria della Repubblica di San Marco, evocando la grandezza e gli splendori di uno stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. La forma perfetta di governo - così almeno la si considerava - elaborata dalla classe dirigente veneziana poneva ferree limitazioni all'autorità del principe, non un sovrano, ma un magistrato, seppure di eccelso grado, eletto a garante dell'edificio costituzionale. Si perde nelle nebbie del tempo la veridicità della nomina del primo Dux, che la tradizione, situando l'episodio nel 697, riconosce in Paoluccio Anafesto da Eraclea, comandante militare della provincia veneta subordinato al governatore bizantino di Ravenna. Dinanzi al ripiegarsi dell'impero romano d'Oriente, l'autonomia di Venezia cresce in modo progressivo: è l'anno 810 quando Agnello Partecipazio, dopo avere sconfitto l'esercito franco di Pipino, figlio di Carlo Magno, viene acclamato alla suprema dignità e sposta la residenza ducale a Rivoalto, nel luogo dove sorge tuttora.
Il doge. Vita pubblica e privata. Ediz. inglese
Meri Sclosa
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una teoria di centoventi dogi - guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo - abbraccia la storia millenaria della Repubblica di San Marco, evocando la grandezza e gli splendori di uno stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. La forma perfetta di governo - così almeno la si considerava - elaborata dalla classe dirigente veneziana poneva ferree limitazioni all'autorità del principe, non un sovrano, ma un magistrato, seppure di eccelso grado, eletto a garante dell'edificio costituzionale. Si perde nelle nebbie del tempo la veridicità della nomina del primo Dux, che la tradizione, situando l'episodio nel 697, riconosce in Paoluccio Anafesto da Eraclea, comandante militare della provincia veneta subordinato al governatore bizantino di Ravenna. Dinanzi al ripiegarsi dell'impero romano d'Oriente, l'autonomia di Venezia cresce in modo progressivo: è l'anno 810 quando Agnello Partecipazio, dopo avere sconfitto l'esercito franco di Pipino, figlio di Carlo Magno, viene acclamato alla suprema dignità e sposta la residenza ducale a Rivoalto, nel luogo dove sorge tuttora.
El dux. Vida pùblica y privada
Meri Sclosa
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una teoria di centoventi dogi - guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo - abbraccia la storia millenaria della Repubblica di San Marco, evocando la grandezza e gli splendori di uno stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. La forma perfetta di governo - così almeno la si considerava - elaborata dalla classe dirigente veneziana poneva ferree limitazioni all'autorità del principe, non un sovrano, ma un magistrato, seppure di eccelso grado, eletto a garante dell'edificio costituzionale. Si perde nelle nebbie del tempo la veridicità della nomina del primo Dux, che la tradizione, situando l'episodio nel 697, riconosce in Paoluccio Anafesto da Eraclea, comandante militare della provincia veneta subordinato al governatore bizantino di Ravenna. Dinanzi al ripiegarsi dell'impero romano d'Oriente, l'autonomia di Venezia cresce in modo progressivo: è l'anno 810 quando Agnello Partecipazio, dopo avere sconfitto l'esercito franco di Pipino, figlio di Carlo Magno, viene acclamato alla suprema dignità e sposta la residenza ducale a Rivoalto, nel luogo dove sorge tuttora.
Der Doge. Oeffentliches und privates Leben
Meri Sclosa
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 32
Una teoria di centoventi dogi - guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo - abbraccia la storia millenaria della Repubblica di San Marco, evocando la grandezza e gli splendori di uno stato che, nel periodo della sua massima espansione, andava dalle terre di Bergamo e Brescia all'isola di Cipro. La forma perfetta di governo - così almeno la si considerava - elaborata dalla classe dirigente veneziana poneva ferree limitazioni all'autorità del principe, non un sovrano, ma un magistrato, seppure di eccelso grado, eletto a garante dell'edificio costituzionale. Si perde nelle nebbie del tempo la veridicità della nomina del primo Dux, che la tradizione, situando l'episodio nel 697, riconosce in Paoluccio Anafesto da Eraclea, comandante militare della provincia veneta subordinato al governatore bizantino di Ravenna. Dinanzi al ripiegarsi dell'impero romano d'Oriente, l'autonomia di Venezia cresce in modo progressivo: è l'anno 810 quando Agnello Partecipazio, dopo avere sconfitto l'esercito franco di Pipino, figlio di Carlo Magno, viene acclamato alla suprema dignità e sposta la residenza ducale a Rivoalto, nel luogo dove sorge tuttora.
Venice. Ca' Rezzonico. Museum of eighteenth-century Venice
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 168
Le vicende della costruzione del palazzo ora universalmente conosciuto come Ca' Rezzonico sono assai complesse e si compiono in un vasto arco di tempo che giunge a comprendere oltre un secolo. Sull'area dove adesso sorge l'imponente mole marmorea di Ca' Rezzonico, sulla riva destra del Canal Grande, nella zona compresa tra il rio di San Barnaba e calle Bernardo, insistevano, ancora verso la metà del Seicento, due case di proprietà della nobile famiglia veneziana dei Bon, già ben visibili nella pianta prospettica della città edita da Jacopo de' Barbari nel 1500: in una di esse i Bon risiedevano, mentre l'altra era data in affitto. I documenti del tempo descrivono queste case come ridotte in condizioni di assoluto degrado, l'una "tristissima e senza sole", l'altra "molto vecchissima " e bisognosa di "reparazion grande". Fu Filippo Bon, figlio di Ottaviano e capo del ramo della famiglia detto, dal luogo di residenza, "di San Barnaba", procuratore "de Citra" e uomo di notevole cultura, a decidere, nel 1649, di dare il via ai lavori di costruzione di un nuovo palazzo dominicale, più consono ai fasti della famiglia rispetto all'antica e fatiscente dimora dove allora risiedeva. L'incarico di progettare il nuovo edificio venne affidato all'architetto Baldassare Longhena (1597-1682), l'autore della rivoluzionaria "rotonda" della chiesa della Salute e indubbiamente il massimo esponente del barocco veneziano anche nel campo dell'edilizia civile.
Venise. Ca' Rezzonico . Musée de l'art vénitien du XVIII siècle
Libro
editore: Marsilio
anno edizione: 2012
pagine: 168
Le vicende della costruzione del palazzo ora universalmente conosciuto come Ca' Rezzonico sono assai complesse e si compiono in un vasto arco di tempo che giunge a comprendere oltre un secolo. Sull'area dove adesso sorge l'imponente mole marmorea di Ca' Rezzonico, sulla riva destra del Canal Grande, nella zona compresa tra il rio di San Barnaba e calle Bernardo, insistevano, ancora verso la metà del Seicento, due case di proprietà della nobile famiglia veneziana dei Bon, già ben visibili nella pianta prospettica della città edita da Jacopo de' Barbari nel 1500: in una di esse i Bon risiedevano, mentre l'altra era data in affitto. I documenti del tempo descrivono queste case come ridotte in condizioni di assoluto degrado, l'una "tristissima e senza sole", l'altra "molto vecchissima " e bisognosa di "reparazion grande". Fu Filippo Bon, figlio di Ottaviano e capo del ramo della famiglia detto, dal luogo di residenza, "di San Barnaba", procuratore "de Citra" e uomo di notevole cultura, a decidere, nel 1649, di dare il via ai lavori di costruzione di un nuovo palazzo dominicale, più consono ai fasti della famiglia rispetto all'antica e fatiscente dimora dove allora risiedeva. L'incarico di progettare il nuovo edificio venne affidato all'architetto Baldassare Longhena (1597-1682), l'autore della rivoluzionaria "rotonda" della chiesa della Salute e indubbiamente il massimo esponente del barocco veneziano anche nel campo dell'edilizia civile.