Giuffrè: Quaderni di «studi senesi»
Obblighi strumentali e azione di adempimento
Antonello Iuliani
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2019
pagine: X-478
Il lavoro indaga le potenzialità rimediali dell'obbligazione senza prestazione al fine di superarne la tradizionale coincidenza con il solo risarcimento del danno. Tale limitazione rappresenta, a sua volta, il riflesso, sul piano degli effetti, dell'ammanco che il rapporto obbligatorio esibisce sul piano della fattispecie, rappresentato dall'assenza di una prestazione e quindi di una pretesa. Lo studio del contesto procedimentale per eccellenza 'il procedimento amministrativo' unitamente alla valorizzazione della dimensione procedimentale della buona fede, quale normatività dell'azione destinata come tale a soddisfare non soltanto interessi finali o statici, ma pure quegli interessi strumentali al suo corretto svolgimento, sembra consentire una diversa interpretazione. È possibile, infatti, assecondare la fisiologica tensione del rapporto al ripristino della corretta sequenza procedimentale mediante l'attribuzione al creditore di un'azione di condanna all'esatto adempimento. L'illegittima attività provvedimentale dell'amministrazione, l'illecito trattamento dei dati personali, l'illecita attività di direzione e coordinamento, l'illegittimo rifiuto al trasferimento di azioni, in presenza di una clausola di gradimento, o all'ingresso in una struttura associativa, in presenza di una clausola di adesione, sono soltanto alcune delle fattispecie prese in considerazioni in cui la dimensione procedimentale e l'ampliamento dell'armamentario rimediale si apprezza in maniera evidente. Il carattere discrezionale della condotta che caratterizza tali fattispecie, lungi dall'essere d'ostacolo ad una configurazione in termini di obblighi, si limita a tradurre sul piano del rapporto il giudizio che, sul piano dell'atto, esprime l'illegittimità: la violazione di quei limiti al potere discrezionale che discendono dal suo assoggettamento al vincolo di buona fede e che altro non sono che aspetti sostanziali di carattere vincolato e dunque obblighi.
Divisione in natura e proporzionalità quantitativa. Il ricorso a beni estranei alla comunione (artt. 720 e 728 c.c)
Barbara Toti
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2018
pagine: VIII-192
Il Quaderno, dal titolo "Divisione in natura e proporzionalita¿ quantitativa - Il ricorso a beni estranei alla comunione (artt. 720 e 728 c.c.)", è diretto a individuare e approfondire i concetti dei due principi essenziali della divisione (di qualunque tipo) di beni comuni, cioè la divisione in natura e la proporzionalità quantitativa, anche alla luce dei rimedi previsti per la tutela di quest'ultimo, in particolare della rescissione della divisione, e la loro interpretazione evolutiva nell'ambito della distinzione tra divisione in senso proprio e atti equiparati e/o ampliamento e unificazione del concetto stesso di divisione. Nella prospettiva di una intima interdipendenza tra i suddetti principi in ogni modalità divisionale, quale espressione di una funzione tipicamente distributiva-attributiva, si rivendica la distinzione tra divisione in senso proprio e atti equiparati e si offre una nuova prospettiva per l'identificazione della categoria di questi ultimi, non così ampia e certo non illimitata. In questo contesto si analizzano gli artt. 720 e 728 c.c., che ammettono il ricorso a beni estranei alla comunione, cioè personali di uno o più condividenti, nell'attuazione della divisione - c.d. conguaglio divisionale - mettendo in luce, pur nella identica funzione del medesimo, la diversità delle due norme e in particolare la necessità di stabilire, in entrambi i casi, dei limiti alla suddetta utilizzazione, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, al fine di restare nell'ambito della funzione tipicamente divisionale, nel rispetto del principio della proporzionalità quantitativa. Infine, sempre alla luce dei principi divisionali della divisione in natura e della proporzionalità quantitativa, si analizzano le modalità divisionali previste nell'art. 720 c.c., riferito ai beni comuni indivisibili o non comodamente divisibili, i margini della discrezionalità del giudice nella scelta del condividente assegnatario, il concetto di "quota maggiore" e la necessità del consenso dell'assegnatario prescelto.
Per uno studio dei libri singulares. Il caso di Paolo
Giovanni Cossa
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2018
pagine: XVIII-686
Confisca e reati tributari
Dario Guidi
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2018
pagine: XIV-354
Il volume è dedicato al tema della confisca nei reati tributari, che viene affrontato da varie angolazioni e con particolare riguardo alla questione della corretta messa a fuoco del concetto di "profitto confiscabile" in rapporto a tale categoria di delitti e alla nuova fattispecie di confisca introdotta nel corpus del d.lgs. 74/2000 dalla riforma del 2015. L'elaborato prende le mosse dall'analisi della confisca codicistica (e delle sue peculiarità) come misura di sicurezza sui generis, per poi spostare gradualmente il fuoco dell'indagine, attraverso la disamina dell'elaborazione giurisprudenziale di tale istituto nel corso degli anni e dei rapporti tra confisca diretta e confisca per equivalente, sulla specificità della confisca nel settore penal-tributario, concentrando l'attenzione sul suo oggetto materiale, che ne costituisce il principale tratto distintivo. Da quest'angolo visuale, il tema centrale del volume è rappresentato dall'analisi della speciale figura di confisca tributaria delineata dal nuovo art. 12 bis del d.lgs. 74/2000 e delle problematiche interpretative da essa sollevate, che già formano oggetto di un articolato dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Infine, viene preso in esame un tema di grande complessità ed attualità, che è quello dei rapporti tra confisca tributaria e responsabilità ex crimine degli enti.
Cittadini jure linguae. Test linguistici e cittadinanza in Europa
Giammaria Milani
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2018
pagine: XVIII-406
Tra le sfide principali che l'Unione europea si trova ad affrontare in questi primi anni del secolo in cui viviamo, l'integrazione nella società di nuovi individui è senza dubbio una delle più difficili e delle più ambiziose. La sfida posta non può essere raccolta se non attraverso una riflessione sul significato di "comunità politica", sulla sua estensione, sulle sue qualità: in altre parole, essa deve avere come chiave di lettura privilegiata quella della "cittadinanza". Il concetto è ancora oggi essenziale per comprendere e definire le modalità di appartenenza e partecipazione dei nuovi individui alle società che li accolgono. In questo senso, è strettissimo il legame che corre tra integrazione e cittadinanza. Tradotta nel diritto positivo, questa riflessione si esprime attraverso l'adozione di strumenti per regolare l'ingresso di nuovi membri nella comunità politica. È in questo quadro che la conoscenza della lingua sta diventando, specialmente negli ultimi anni, un requisito sempre più diffuso tra quelli previsti dalle norme che disciplinano l'acquisto della cittadinanza da parte degli immigrati. Sembra quindi utile analizzare, in chiave comparata, le legislazioni attualmente in vigore negli Stati membri dell'Unione europea. Il presente lavoro si articola, a tal fine, in due parti. Nella prima parte si definiscono i contorni della ricerca, dal punto di vista teorico e storico. L'importanza del rapporto tra lingua e cittadinanza verrà messo in luce attraverso l'analisi dei rapporti che legano lingua e nazione, da una parte, e nazione e cittadinanza, dall'altra. Successivamente si passerà all'esame delle diverse fasi storiche che hanno segnato la diffusione dei requisiti linguistici in un numero crescente di Paesi: da fenomeno limitato ai Paesi di tradizione giuridica anglosassone, esso si è presto esteso agli ordinamenti dell'America latina, per poi diffondersi, nella seconda metà del XX secolo, in molti Stati africani e asiatici di recente indipendenza e, alla fine del secolo, in Europa. Nella seconda parte si tratta con più attenzione proprio il contesto europeo. Dopo aver individuato i punti comuni alle normative in vigore nei diversi Paesi dell'Unione europea e aver definito tendenze e caratteristiche ricorrenti nell'utilizzo dei test linguistici, si passerà all'analisi più dettagliata di quelle che sono le differenze tra i vari ordinamenti, elaborando, a tal fine, una classificazione delle diverse soluzioni adottate dai 28 Paesi dell'Unione europea. I tre modelli proposti sono individuati alla luce del diverso rapporto tra integrazione e cittadinanza e del differente significato che la conoscenza della lingua può assumere in relazione a questo rapporto: un modello "selettivo", un modello "assimilativo" e un modello "multiculturale". Chiuderà questa parte l'analisi degli ordinamenti che non prevedono requisiti linguistici nelle norme che regolano l'acquisto della cittadinanza, con particolare attenzione all'esperienza italiana e alle proposte di modifica della normativa in vigore.
La regola di adeguatezza e il contratto
Daniele Imbruglia
Libro: Libro in brossura
editore: Giuffrè
anno edizione: 2018
pagine: XVI-600
Il lavoro si propone di ricostruire l'attuale significato civilistico della regola di adeguatezza in materia di intermediazione finanziaria (art. 39-40, reg. Consob 16190/2007). L'indagine è sviluppata in due parti, distinguendo la regola di adeguatezza come norma di comportamento (cap. 1-3) e come norma di validità del contratto (cap. 4 e 5). Nella prima parte, si è ricostruito l'origine della regola e ciò si è fatto a partire dall'esame dell'esperienza statunitense e inglese, ossia in quegli ordinamenti dove, nel corso del Ventesimo secolo, per la prima volta si è affermato l'obbligo per l'intermediario di verificare se l'operazione di investimento proposta fosse adeguata al profilo del cliente. Successivamente a quelle esperienze, oggetto dei primi due capitoli del lavoro, la regola di adeguatezza è stata adottata anche da altri ordinamenti, tra cui il nostro, ripetendone il meccanismo c.d. disclose or abstain. Qui, essa ha appunto affermato il dovere per l'intermediario di astenersi dal procedere con operazioni che fossero inadeguate per il cliente, salvo che questi, una volta informato della valutazione di inidoneità, non avesse reiterato l'ordine (art. 29, reg. Consob 11522/1998). Il terzo capitolo ne descrive pertanto l'ambito applicativo, l'oggetto e specialmente il quadro rimediale, dando conto del dibattito giurisprudenziale e dottrinale e dell'emersione della categoria di norma inderogabile di comportamento la cui violazione da luogo a responsabilità (Corte Cass., SS.UU., 19 dicembre 2007 n. 26724 e 26725). La seconda parte del lavoro ha ad oggetto la ricostruzione della disciplina dell'adeguatezza nel suo attuale significato. Il punto di partenza è dunque rappresentato dall'art. 19 della direttiva CE/39/2004 (MiFID) che ha affermato il divieto assoluto per l'intermediario di procedere ad investimenti inadeguati nell'ambito dei servizi di risparmio gestito (consulenza e gestione del portafoglio). La rottura con l'esperienza precedente (regola di adeguatezza come obbligo informativo) propria della nuova disciplina (regola di adeguatezza come limite all'autonomia privata), segnando il passaggio da norma di comportamento a norma imperativa materiale, si riverbera sul piano rimediale. Come nell'esperienza precedente, anche in questo caso manca una espressa previsione di quale sia il rimedio per l'ipotesi di violazione della regola e il lavoro conclude per il superamento della soluzione risarcitoria e il riconoscimento, in omaggio al principio di effettività della tutela (art. 19 TUE, art. 47 Carta di Nizza, art. 24 Cost.) e dunque al "diritto ad un rimedio adeguato al soddisfacimento del bisogno di tutela" della nullità per il contratto in contrasto con la norma imperativa che lo vieta.
Lo scioglimento sanzionatorio degli organi regionali
Marco Mancini
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2016
Fare giustizia. Due scritti sulla vendetta
Giovanni Cosi
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2014
pagine: 154
In epoche e culture tra loro diverse e lontane, la vendetta è sempre stata ritualizzata per poter costituire un modo di regolazione della violenza ed evitarne l'esplosione incontrollata prodotta dal risentimento. Quando ancora lo Stato non c'è, o s'interessa d'altro, la vendetta non è una scelta o un accessorio: è un obbligo sociale. Ci si deve vendicare; ma non ci si deve vendicare "troppo". E deve sempre essere prevista, come in ogni relazione in cui la comunicazione non sia stata artificialmente interrotta, la possibilità della mediazione rappresentata dal risarcimento diretto che sia stato accettato e accolto dalla vittima. Scopo del presente lavoro è quello di rintracciare archeologicamente, nell'arco storico temporale occidentale, il "rimosso" di una volontà di giustizia trans storica e trans culturale la cui origine trova le radici nel lato più oscuro dell'umano ma anche quello meno contrattabile. La "natura" stessa della vendetta si ripresenta, nella società postmoderna o tardo moderna, come emergenza di bisogni mai sopiti, solo in apparenza arcaici o antichi, primitivi e incivili. Da tempo lo Stato si è sostituito all'offeso: ha imparato a punire, ma ha dimenticato la vittima. Oggi le vittime talvolta rivendicano (appunto) di tornare a essere protagoniste a pieno titolo di una giustizia di riparazione che ripristini il faccia a faccia con l'aggressore, in luogo della giustizia meramente repressiva dello Stato.
Il crimen falsi nell'opera di Prospero Fagnani. Teoria e prassi del diritto canonico seicentesco
Laura Passero
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2014
pagine: 112
Il concetto di status nella scienza giuridica del novecento
Giulio Cianferotti
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2013
pagine: VI-338
Lo status è un concetto antico e assieme uno "strumento tecnico tra i più collaudati", capace di tradurre una posizione soggettiva in una condizione rilevante e duratura per il diritto, in un presupposto di diritti e doveri della persona in quanto parte di un gruppo sociale. Ma "concetto e funzione degli status appartengono alla storia delle idee prima ancora che alla realtà normativa" e spiegano la ragione di questo scritto, in cui si è inteso narrare una storia concettuale, esaminare le metamorfosi semantiche del concetto di status nella scienza giuridica del Novecento. La storia semantica del concetto di status può essere divisa in due età. La prima abbraccia l'antichità, il medioevo e tutto l'antico regime, in cui l'idea dello status costituisce la rappresentazione concettuale, l'"Inbegriff" dell'ordine del mondo, basato sopra la disuguaglianza - le gerarchie cetuali delle disuguaglianze e le diversità che "sono state poste dalla natura o da Dio" - e la conoscenza dell'ordine sociale è definita e spiegata, a partire dal pensiero greco-romano, con la metafora del corpo umano, che diventa il fondamento di un'etica connessa con "il pensiero fondamentale della disuguaglianza". La seconda età va dalle rivoluzioni industriale e politica di fine '700 ai nostri giorni, quando lo status diventa un "Kampfbegriff", una dicotomia, la rappresentazione di un vecchio ordine del mondo, "obsoleto, illegittimo e ingiusto" da abbattere o "vero, giusto e legittimo".
Il feudo ecclesiastico nella prima età dei glossatori
Maura Mordini
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2013
La monografia ricostruisce i profili normativi e dottrinali del "feudo ecclesiastico" dalla metà circa del secolo XI fino al secondo decennio del secolo XIII, allorquando la Chiesa d'Occidente impiegava diffusamente questo strumento negoziale nel suo sistema giuridico. L'istituto viene inteso come feudo di diritto comune, che investe le res ecclesiae quale oggetto della concessione beneficiale oppure le personae ecclesiasticae quale soggetto attivo o passivo del rapporto vassallatico. Pertanto nella prima parte del volume è delineato il quadro normativo derivante dalla disciplina contenuta nei Libri Feudorum e viene analizzato il pensiero elaborato dalla scienza feudistica sino alla composizione dell'apparato accursiano. La seconda parte è dedicata al Decretum Gratiani e all'esame della decretistica fino a Giovanni Teutonico. Ne emerge un campo di ampio respiro, nel quale acquistano particolare risalto i temi riguardanti la capacità delle personae ecclesiasticae di infeudare, la tutela delle res ecclesiae (ivi comprese le decime e le regalie), i rapporti di fidelitas, l'assunzione dell'abito religioso da parte del vassallo e l'estensione del privilegium fori dei chierici.
Inadempimento contrattuale danni e rimedi opzionali
Libro
editore: Giuffrè
anno edizione: 2013
pagine: X-266
Il lavoro monografico si propone di approfondire alla luce di considerazioni e spunti rinvenuti da studi di Law & Economics il dibattuto tema dei rimedi legali previsti in caso di inadempimento contrattuale, comparando successi e fallimenti dell'esperienza giurisprudenziale nordamericana ed italiana. La ricerca muove dal considerare il modello gius-economico delle opzioni per la cancellazione del rapporto, come rimedio alternativo al ristoro dei danni da aspettativa che domina nelle diverse fattispecie con cui nei paesi di Common Law si suole porre fine al rapporto, corrispondenti dal punto di vista linguistico terminologico a diverse denominazioni quali cancellation, rescission, termination, repudation e breach of contract. I diversi istituti che confluiscono sul piano rimediale nell'action for damages saranno comparati ai due istituti noti sul formante legislativo dei paesi di Civil law della risoluzione e del recesso.