Meltemi: Le melusine
Trump o del fascismo democratico
Alain Badiou
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2018
pagine: 72
Come spiegare il trionfo elettorale di Donald Trump? Quali forme di soggettività sono necessarie per costruire una resistenza? Quali azioni politiche possono contrastare la crisi delle democrazie occidentali di cui Trump è divenuto simbolo? Badiou esamina a caldo, pur con lucidità critica, i motivi di questo successo, ma si spinge oltre e presenta alternative percorribili, inedite forme di resistenza politica. La crisi della democrazia occidentale comporta molti pericoli, ma offre anche la possibilità di un nuovo orientamento, la nascita di un coinvolgimento politico e civile che vada oltre ciò che conosciamo. Dopo il trauma della vittoria di Trump, un risveglio politico in Occidente è forse ancora possibile.
Quelli a cui non piace. Pamphlet sull'esercizio della critica
Francesco Muzzioli
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2018
pagine: 92
Nel dibattito corrente e ricorrente sulla crisi della critica letteraria, prevale quasi sempre l’implicito rimpianto per un vecchio profilo, quello del grande maestro dotato di sensibilità non comune, insindacabile arbitro del gusto e dispensatore di utili consigli sulle letture convenienti. Questo pamphlet prova ad andare oltre una simile impostazione istituzionale e professionale, a riportare la questione alla radice, alla crisi odierna della letteratura nel suo complesso, sconfitta nella guerra dei media e invano ridipinta mediante l’enfasi coatta dell’emotività oppure con il moralismo della verità del contenuto. Dalla polemica contro il senso comune e la terminologia inverificabile e autoritaria dell’estetica tradizionale, prende qui corpo la controproposta di una lettura attenta del testo, insensibile alla facile partecipazione, un’interrogazione delle tendenze e delle strategie profonde della scrittura che manifesti l’esigenza di rapportare la pratica letteraria a una criticità diffusa e comune a tutti. Così intesa in senso largo, la critica non risulta più appannaggio degli esperti e degli addetti ai lavori, ma si rivela organo vitale dell’insoddisfazione per l’esistente, strumento indispensabile che riguarda perciò – adattando una battuta brechtiana – tutti “quelli a cui non piace” il mondo così com’è.
Lo spettacolo di sé. Filosofia della doppia personalità
Barbara Chitussi
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2018
pagine: 298
Nella seconda metà dell'Ottocento vengono registrati straordinari casi di "sdoppiamento della personalità": dopo un breve sonno, le pazienti di Azam, Galicier, Janet si risvegliano con un carattere, un modo di fare, dei ricordi e persino un nome completamente diversi. Più vivaci e felici di quanto non fossero nella loro prima esistenza, queste "altre" animano delle biografie romanzesche e avventurose, insieme reali e immaginarie, vivono fra noi e in epoche e mondi lontani, sono attrici e spettatrici delle proprie messe in scena. Agli psicologi, ai filosofi e agli scrittori che decretano i successi di una patologia singolare, la personalità appare intanto sotto un aspetto inedito ma anche molto antico, cioè come una maschera o un personaggio. Ricostruendo un momento saliente della storia del soggetto moderno, Barbara Chitussi restituisce al paradigma della personalità-maschera la sua urgente attualità e vi scopre la chiave di un'etica, una modalità della conoscenza di sé.
Invertire la rotta! Ecologia e decrescita contro le politiche autoritarie. Una conversazione con Franco La Cecla
Serge Latouche, Franco La Cecla
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 73
Serge Latouche, economista bretone che a oggi preferisce definirsi filosofo, ci racconta la sua idea di crisi, analizzando il rapporto tra ecologia, economia e filosofia in un interessante e denso dialogo palermitano con uno degli antropologi più contemporanei del momento, il siciliano Franco La Cecla. Durante la conversazione emerge che quello che sta accadendo in campo ambientale, economico e sociale, è di fatto il risultato di una concezione di progresso che non tiene conto dei limiti naturali e temporali della realtà, che alla cooperazione tra gli umani preferisce competizione e conflitto. Secondo Latouche, invertire la rotta prima di emergenze e disastri a cui potrebbero corrispondere svolte autoritarie forse è ancora possibile, ma ciò implica un cambiamento culturale e una presa di coscienza urgente e di portata globale. La parola "decrescita" è stata scelta in maniera provocatoria, uno slogan coniato da Serge e da una serie di pensatori affini, discepoli di Ivan Illich all'inizio del nuovo millennio, per porre attenzione alla necessità di uscire non dalla crescita, ma dalla società della crescita. Una conversazione a due voci ricca di stimoli e suggestioni, dove si afferma la necessità di imparare a ricostruire i rapporti sociali ascoltando davvero quali siano i reali bisogni umani e abbandonando la fame di consumo infinito a favore di una consapevolezza collettiva per decrescere serenamente senza estinguersi come specie.
Le origini dell'hitlerismo
Simone Weil
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 109
Hitler è tornato. Hitler non se n'è mai andato. Era Silla, era Cesare, era Carlo V, era Luigi XIV e ancora Napoleone. L'Impero dei Romani definito dai suoi ideologi "pace", la Grandeur della Francia, il Destino dei Tedeschi: non esiste differenza e l'atteggiamento sbagliato di sempre è quello di accreditare una presunta eternità a dei caratteri che esistono solo nella retorica dei vincitori di turno. Ecco perché di eterno c'è solo Hitler, cioè l'hitlerismo, inteso come idolo, la brama spasmodica del potere per il potere, l'asservimento alla macchina dello Stato e della produzione: non un'invenzione necessariamente tedesca. Non c'è una riga di questo lucidissimo saggio di Simone Weil che non imponga una scelta a noi uomini, l'unica scelta di sempre, la più drammatica: il culto del potere o la sua critica. Non c'è una riga che non possa essere ritrascritta oggi, pensando alla presunta eterna minaccia dell'Islam, del pericolo cinese, dei popoli minacciati dal terrore e dalle guerre. Questo libro interroga tutti gli europei, gli occidentali, e li costringe a guardare alle loro origini, all'Hitler che è in loro e che proiettano sul nemico.
Roma, Firenze, Venezia
Georg Simmel
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 69
L'amore profondo per l'Italia e l'interesse per lo spazio sociale urbano in quanto luogo privilegiato di forme estetiche condussero Simmel a dedicare tre brevi saggi a tre città d'arte italiane. Se in Roma l'analisi ruota attorno alla bellezza della città eterna in virtù dell'unione di una moltitudine di elementi in grado di dar vita a un'armonia perfetta, in Firenze l'autore individua i temi della fusione di natura e spirito che la città del Rinascimento sembra riuscire a preservare e a perpetuare, assurgendo a modello resistente a qualsiasi modernità. In Venezia, infine, l'autore si concentra sul tema dell'assenza di verità, ossia di una realtà esteriore che non riesce a esprimere la propria natura interiore, e che quindi pregiudica l'armonia tra le parti, dando luogo alla tragedia della modernità. In queste dense e nitide pagine, ricche di intuizioni profonde, Simmel, quasi fosse un pittore impressionista, ritrae la bellezza di Roma, Firenze e Venezia, restituendone con precise pennellate tutta l'armonia e l'inafferrabile mistero.
Sicuri da morire. La violenza nell'epoca della globalizzazione
Arjun Appadurai
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 189
Come mai il processo di globalizzazione non ha spalancato le porte a un mondo più giusto e pacifico, ma sembra piuttosto aver liberato forze oscure che in Iugoslavia, in Iraq, nelle repubbliche dell'Asia centrale, in India, in Ruanda hanno portato gli uomini a parossismi di violenza quasi inimmaginabili? Perché questa spirale invece di attenuarsi si è intensificata, fino alla catastrofe dell'n settembre, e di lì alle guerre contro l'Afghanistan e l'Iraq? Superando gli evidenti limiti degli approcci realisti, che vedono nella violenza etnica, religiosa, nazionale null'altro che una maschera per conflitti di natura "materiale" ed economica, Arjun Appadurai individua l'estrema novità della violenza odierna nella sua specificità "culturale". Attraverso una puntuale riflessione sul rapporto tra maggioranze e minoranze nei moderni stati nazionali, l'antropologo indiano ci mostra come la violenza "etnica" sia la conseguenza di un'incertezza identitaria dovuta alla condizione postmoderna, in cui le appartenenze sembrano molteplici e instabili, e l'esercizio della violenza fisica sul corpo dell'altro si configura quindi da un lato come un atto "scientifico" di verifica del diverso, e dall'altro come un'azione politica di necessario ripristino delle differenze. Nell'elaborare una teoria sistematica - peraltro densa di riferimenti a casi concreti - delle ragioni e delle forme della violenza nell'epoca attuale, Appadurai mescola teoria sociologica, antropologia, scienza politica, psicoanalisi e passione etnografica per l'"inessenziale". E confrontandosi con la nuova tensione morale che punta a purificare il mondo dal Male passando fisicamente attraverso il corpo del nemico, arriva dunque alla conclusione che l'unico modo per fare i conti con la violenza di cui il mondo sembra oggi preda sia rifiutarne l'istanza essenzializzante e purificatrice, sia in quanto portatori di identità, sia in quanto studiosi dell'identità.
Antropologia del dolore
David Le Breton
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2016
pagine: 238
Il dolore è un'esperienza forzata e violenta dei limiti della condizione umana. È una figura aliena e divorante che non lascia requie con la sua incessante tortura. Paralizza l'attività del pensiero e l'esercizio detta vita. Pesa sul gioco del desiderio, sul legame sociale. Altera il senso della durata e colonizza i fatti più importanti della giornata, trasformando la persona in uno spettatore distaccato che fa fatica a interessarsi all'essenziale. Il dolore isola, costringe l'individuo a una relazione privilegiata con la propria pena. Al tempo stesso, è una minaccia temibile per il senso d'identità: lacera la coscienza e schiaccia l'uomo su un senso dell'immediato privo di prospettiva, dandogli l'impressione che il suo corpo sia altro da sé. Incomunicabile, il dolore suscita il grido, il lamento, il pianto o il silenzio, tutti fallimenti della parola e del pensiero. Ma il dolore può anche essere mezzo di espiazione o manifestazione di fede - come nella tradizione religiosa cristiana - o strumento di affermazione identitaria o sociale, ad esempio quando inscrive nella carne la memoria di una filiazione e di una fedeltà alla comunità, come accade agli iniziati di una società tradizionale. Ci sono poi usi del dolore che si alimentano della disparità delle forze tra gli individui: la correzione, la punizione personale, la tortura, il supplizio. L'arte di far soffrire l'altro per umiliarlo o annichilirlo è inesauribile. Il dolore inflitto ne è lo strumento privilegiato, archetipo stesso del potere sull'altro. Sebbene in queste pagine la pratica medica sia spesso chiamata in causa, lo sguardo dell'autore è diretto piuttosto sull'uomo sofferente. Il proposito di Le Breton è di approcciare il dolore su un piano antropologico, di chiedersi come influisca sulla condotta dell'uomo e sui suoi valori, sulla trama sociale e culturale in cui è immerso. Tutto ciò, però, senza dimenticare che se l'uomo è una conseguenza delle sue condizioni sociali e culturali, è anche il creatore instancabile dei significati con cui vive.
La pelle e la traccia. Le ferite del sé
David Le Breton
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2016
pagine: 167
Incisioni, scorticature, scarificazioni, bruciature, escoriazioni, lacerazioni: la trama di questo libro è costituita dalle lesioni corporali che gli individui si autoinfliggono deliberatamente, nel contesto delle nostre società contemporanee. Uomini o donne - ma soprattutto donne - perfettamente inseriti nella rete creata dal legame sociale vi fanno ricorso come a una forma di regolazione delle proprie tensioni. La pelle diventa la superficie d'iscrizione del loro malessere. Si cambia il proprio corpo perché non si può cambiare l'ambiente circostante. Le ferite corporali non sono un indice di follia -proprio come i tentativi di suicidio, le fughe, i disturbi dell'alimentazione o altre forme di comportamento a rischio comuni fra le giovani generazioni - ma una particolare forma di lotta contro il male di vivere che segnala l'inadeguatezza della parola e del pensiero. L'alterazione del corpo è una ridefinizione di sé in una situazione dolorosa, un andare al di là del socialmente consentito per sentire qualcosa di forte - come se la vita normale non bastasse più. All'analisi di questa auto-chirurgia particolarmente diffusa tra gli adolescenti, David Le Breton aggiunge una riflessione sulle ferite corporali intenzionali in situazione carceraria - marchi indelebili che esprimono la resistenza all'umiliazione e alla reclusione - nonché sugli artisti di "body art" che, attraverso performances sanguinolente e dolorose, provano a scuotere lo specchio sociale.
Vite precarie. Contro l'uso della violenza in risposta al lutto collettivo
Judith Butler
Libro: Copertina morbida
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 190
"Se vogliamo arrestare il circolo vizioso della violenza, dobbiamo chiederci come trasformare il dolore da grido di guerra in azione politica". Come si vive in America e nel mondo dopo l'11 settembre e durante la guerra in Iraq? Quali le conseguenze per i diritti umani e le libertà individuali? Quali censure si accaniscono sulle voci critiche verso la politica del governo statunitense? Contro l'oltranzismo patriottico degli USA, Judith Butler ci propone un'analisi rigorosa e attualissima sul progressivo sganciamento del potere politico dalla soggezione alla legge, sul crollo dello Stato di diritto, sul passaggio di sovranità "giustificato" dall'emergenza antiterrorista. E ci invita a riflettere sulle ragioni profonde di fatti che provocano la nostra indignazione: perché le posizioni critiche verso Israele vengono bollate come espressione di antisemitismo? Quali le implicazioni etiche e politiche della "detenzione infinita" dei prigionieri di guerra a Guantanamo? Perché ad alcuni è concesso di provare dolore e piangere i propri morti, mentre ad altri non è riconosciuta neanche la dignità di esseri umani? Nel suo libro più appassionato e provocatorio, l'autrice propone un'etica non violenta, fondata sulla consapevolezza della vulnerabilità e precarietà della vita umana, e ci mostra come una più profonda comprensione del significato del lutto e della violenza possa invece condurci verso nuove forme di solidarietà e giustizia globale.
Benvenuti nel deserto del reale
Slavoj Žižek
Libro: Libro in brossura
editore: Meltemi
anno edizione: 2017
pagine: 161
Quando Neo, il protagonista di Matrix, viene scollegato dal megacomputer che lo teneva prigioniero e lo illudeva di vivere nel mondo, Morpheus, il capo della resistenza, lo accoglie in un paesaggio di rovine bruciate: "Benvenuto nel deserto del reale!". La stessa accoglienza riserva uno dei filosofi più provocatori di oggi al lettore che voglia conoscere la sua riflessione sugli eventi dell'n settembre. Rovesciando l'interpretazione comune che vede in questa tragica data il prepotente ingresso della "realtà vera" nella nostra quotidianità troppo spesso fatta di televisione e immaginazione mediatica, Slavoj Zizek sostiene in modo convincente che il crollo delle torri sia piuttosto la realizzazione di una fantasia distruttiva originata e costantemente alimentata da tanta cinematografia e letteratura catastrofista americana, qualcosa che finora avevamo solo immaginato con terrore. Questa materializzazione del peggiore dei nostri incubi è per Zizek psicologicamente molto più difficile da elaborare di qualunque "ritorno alla realtà". E proprio perché la fantasia è diventata realtà, e perché tale realtà ci risulta insopportabile, ci siamo inventati una sua forza mediatica, continuando a guardarne la riproduzione televisiva, quasi a convincerci che non si trattava altro che di un ennesimo film. Affiancando psicoanalisi lacaniana e idealismo hegeliano, citazioni di moralisti inglesi dell'Ottocento e battute fulminanti tratte dai film di Hollywood, Zizek stravolge il nostro modo di guardare a un evento che ha segnato in maniera indelebile la storia del XXI secolo.
Il Paese delle badanti
Francesco Vietti
Libro: Copertina morbida
editore: Meltemi
anno edizione: 2010
pagine: 238
Quante famiglie italiane affidano ormai i propri anziani alle cure di una "badante venuta dall'Est"? Questa ricerca etnografica, raccontata con i toni narrativi e intimi di un diario di viaggio, parte proprio da una di queste case, per poi seguire il ritorno della lavoratrice al suo villaggio natale in Moldavia, piccola repubblica ex sovietica ai confini dell'Unione Europea. Mentre l'importanza dell'assistenza domiciliare offerta da migliaia di donne immigrate è ormai evidente per l'odierna società italiana, molto meno noto è l'impatto che tale migrazione femminile ha nei paesi di provenienza delle emigranti. In Moldavia, così come in Romania o in Ucraina, il mercato del lavoro e gli stessi rapporti familiari vengono "ristrutturati" insieme alle case di chi lavora all'estero. La catena globale della cura coinvolge mariti, figli, parenti, vicini di casa e amici in complesse dinamiche relazionali che mettono in profonda discussione gli equilibri dei piccoli villaggi rurali in cui vivono le famiglie delle donne che lavorano in Italia. Esplorare tali mutamenti è l'unico modo per comprendere la rilevanza di un fenomeno che ha cambiato non solo la vita di tante famiglie italiane, ma anche le società di una buona parte dell'Europa Orientale, protagonista della più vasta e silenziosa migrazione transnazionale di questo inizio secolo.

