Quodlibet: SAGGI
Il paradosso antropologico. Nicchie, micromondi e dissociazione psichica
Massimo De Carolis
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2018
pagine: 176
					Che cosa unisce l'identità dei singoli individui a quella dei soggetti collettivi, delle nazioni e dei popoli? Come si legano tra loro l'unità dell'io e quella del noi? Un tempo, l'una e l'altra erano affidate a una medesima scissione orizzontale, che divideva nettamente un alto e un basso: all'Io il compito di sottomettere gli istinti e le pulsioni, allo Stato quello di contenere le spinte centrifughe della moltitudine, per garantire l'unità del popolo. Da qualche decennio però un tale equilibrio sembra sfaldarsi sotto i nostri occhi, lasciando il posto a una rete di scissioni verticali, una miriade di spazi circoscritti, nicchie e micromondi artificiali, situati spesso in una zona grigia che rende i fatti indistinguibili dalle rappresentazioni. Uno scenario ancora in piena evoluzione, che al momento però sembra imporre agli individui un regime di precarietà e dissociazione sempre più profondo, lasciando emergere nei suoi interstizi solo delle comunità imperfette: troppo fragili e interdipendenti per potersi segregare in uno spazio autarchico, ma troppo ostili e concentrate su se stesse per riuscire a cooperare in una forma non antagonistica.				
									Leggere Simone Weil
Giancarlo Gaeta
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2018
pagine: 312
					Curatore di gran parte delle edizioni italiane degli scritti di Simone Weil a cominciare dall’edizione integrale dei "Quaderni", Giancarlo Gaeta ha accompagnato il lavoro di traduzione con commenti puntuali che tendono a mostrare di volta in volta movimento e tensione interna di una riflessione filosofica, politica, religiosa che ha proceduto in discontinuità con tutto ciò che nel corso della modernità ha contribuito a una crisi epocale irreversibile. Riflessione che si è perciò spinta oltre i limiti dell’acquisito e del realistico, fin là dove avrebbero potuto aprirsi altri universi di senso, altre possibilità di coniugazioni culturali. Per questa via l’autore ha cercato di mettere se stesso nella posizione migliore per comprendere le molte facce di un pensiero eminentemente sperimentale che a noi si offre come pura interrogazione sul presente, costringendo a prendere atto che soltanto la coscienza delle contraddizioni del proprio tempo ne permette una lettura proficua.				
									Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Rainer Maria Rilke
Furio Jesi
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2020
pagine: 288
					«... Tutto questo è per me oggi il significato della parola mito. Una macchina che serve a molte cose, o almeno il presunto motore immobile e invisibile di una macchina che serve a molte cose, nel bene e nel male. È memoria, rapporto con il passato, ritratto del passato in cui qualche minimo scarto di linea basta a dare un'impressione ineliminabile di falso; e archeologia, e pensieri che stridono sulla lavagna della scuola, e che poi, talvolta, inducono a farsi maestri per provocare anche in altri il senso di quello stridore. Ed è violenza, mito del potere; e quindi è anche sospetto mai cancellabile dinanzi alle evocazioni di miti incaricate di una precisa funzione: quella, innanzitutto, di consacrare le forme di un presente che vuol essere coincidenza con un "eterno presente"». Forse nessuno come Furio Jesi ha saputo tradurre il programma poetico di Rilke nella ricerca di una vita. Scienza mitologica e critica letteraria, scrittura saggistica e autobiografia intellettuale sono in questo libro impossibili da separare: la loro più intima tensione anima uno dei vertici dell'opera jesiana.				
									Teoria dell'oggetto
Alexius Meinong
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2019
pagine: 144
					L'oggetto, di cui questo libro ci presenta la teoria, è giusto il contrario di quanto siamo abituati a pensare con questo termine: non qualcosa che ci sta prepotentemente davanti, ma «ciò che è indifferente all'esistenza», un coacervo di creature kafkiane, «prive di patria» e essenzialmente impresentabili, come il quadrato rotondo o la montagna dorata. Con un gesto inappariscente ma deciso, Meinong dischiude, cioè, alla contemplazione filosofica un ambito dell'essere che non è quello della realtà, sovranamente indifferente all'essere e al non-essere: il fuori-essere. E, con altrettanta discreta eleganza, mostra così che la filosofia è innanzitutto invenzione di concetti (è questa la lezione che saprà trarne Gilles Deleuze). Questo suddito malinconico «della vecchia Austria... patria fidata della nostra gioventù e del nostro lavoro», è, in realtà, un implacabile agrimensore dell'inesistente, l'inventore di una scienza che — come scrive non senza ironia nella sua autopresentazione — «elabora i suoi concetti senza limitarsi al caso particolare della loro esistenza». Per questo, più che lo spirito del suo maestro Brentano, è quello del giovane Musil che sembra di percepire in queste pagine. Nel 1908 per un attimo i loro destini si incrociarono: mentre il giovane neolaureato stava per decidersi ad abbandonare la filosofia per la letteratura, Meinong lo invitò a proseguire con lui a Graz i suoi studi. «Pare che il mio sviluppo naturale» scriveva Musil ancora trent'anni dopo «avrebbe dovuto essere il seguente: accettare l'offerta di Meinong di conseguire la docenza a Graz». (Giorgio Agamben)				
									Lingue oscure. L'arte dei furfanti e dei poeti
Daniel Heller-Roazen
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2019
pagine: 237
					Sembra incontestabile che il linguaggio serva a comunicare, ma la parola può assolvere anche un'altra funzione: quando è necessario, essa confonde e occulta. Lo sanno gli adulti e i bambini, i filologi e i banditi: tra le facoltà implicite del linguaggio, c'è quella di smontare e ricostruire una lingua per farne un idioma nuovo, sconosciuto, accessibile soltanto a pochi. È dal Quattrocento, in Europa, che si attestano le prime lingue intenzionalmente segrete. Sviluppate da malviventi e briganti, queste si diffusero in tutti i volgari moderni: dal gergo dei banditi francesi al thieves' cant dell'Inghilterra rinascimentale, dal dialetto dei ladri denunciato da Martin Lutero ai furbeschi degli imbroglioni italiani, portoghesi, spagnoli. Ma l'arte di forgiare parole impenetrabili risale molto più indietro nel tempo, e non è sempre stata legata a tali equivoche finalità. In India, nell'antica Grecia e a Roma, in Provenza e in Scandinavia, cantori e scribi si sono appropriati delle lingue intorno a loro e le hanno alterate, non per ingannare, bensì per rivelare e tramandare un'entità sacra: l'idioma degli dèi, del quale i veri maestri – così si diceva – erano i poeti e i sacerdoti. "Lingue oscure" si destreggia tra questi multiformi linguaggi ermetici. Dall'argot criminale al gergo degli spiriti, dal lavoro di Saussure e Jakobson sugli anagrammi e le strutture subliminali nella poesia, fino al codice segreto che il dadaista Tristan Tzara pretendeva di aver scoperto nelle opere di Villon, "Lingue oscure" esplora le arti condivise da furfanti ed enigmisti che seppero giocare a scacchi col suono e col senso delle parole.				
									Il linguaggio e la logica arcaica
Ernst Hoffmann
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2018
pagine: 168
					A partire da Pitagora ed Eraclito, oggetto della filosofia non è più soltanto il mondo ma anche il discorso umano sul mondo. Con ciò sorgono nuovi interrogativi: la natura del mondo può essere linguisticamente espressa? Il linguaggio può dire la verità? Il testo qui presentato, "Il linguaggio e la logica arcaica", del 1925, fu un classico fin dalla sua comparsa. Ernst Hoffmann coglie nella filosofia presocratica, e nelle successive sintesi ontologiche di Platone e Aristotele, le basi logico-concettuali della filosofia del linguaggio che, a partire da Socrate e dalla sofistica, s'intrecciano in modo permanente anche con i più moderni temi della filosofia della cultura, in particolare con le questioni semantiche della teoria della conoscenza. L'edizione italiana di questo saggio fu ispirata da Enzo Melandri, che lo considerava un punto di riferimento imprescindibile per comprendere non solo le origini del pensiero classico, ma anche l'intera grammatica speculativa dell'Occidente, nelle sue forme logico-linguistiche e nelle sue implicazioni metafisico-ontologiche.				
									
