Quodlibet: Habitat
Tesi su Bramante. Logica, politica, architettura
Pier Paolo Tamburelli
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 352
Adottando il punto di vista di un architetto attivo nella professione e non di uno storico, Pier Paolo Tamburelli riesamina in questo libro l’opera di Donato Bramante e suggerisce una possibile agenda per la pratica architettonica attuale. Bramante, sostiene Tamburelli, offre un punto di partenza per immaginare una teoria contemporanea dello spazio, per riflettere sul rapporto tra architettura e politica e per guardare indietro – senza nostalgia né disprezzo – alla tradizione del classicismo occidentale inteso come architettura universale, ovvero con una pretesa di validità che si estende a tutti i possibili problemi architettonici e si rivolge a chiunque. Partendo da una discussione sulla differenza tra il lavoro di Bramante a Milano (1481-1499) e a Roma (1499-1514), l’autore mette dunque in luce le peculiarità dell’architettura bramantesca, soprattutto rispetto a quella di altri maestri del Rinascimento, come Leon Battista Alberti e Andrea Palladio. Tale lettura apre a sua volta nuove possibilità di apprezzare le sue sperimentazioni spaziali e di ricavare dall’astrazione bramantesca e dalla dissociazione della forma dalla funzione una teoria dello spazio per l’architettura contemporanea. Una teoria che potrebbe forse portare a una nuova comprensione politica del classicismo e a un nuovo modello di architettura pubblica.
La frattura tra architetti e intellettuali, ovvero gli insegnamenti dell'italofilia
Jean-Louis Cohen
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2024
pagine: 300
In questo libro di culto, pubblicato originariamente come un Bildungsroman nel 1984, Jean-Louis Cohen analizza un momento chiave nella teoria e nella pratica dell’architettura contemporanea, segnato dagli intensi scambi tra Italia e Francia negli anni Settanta. L’autore è stato al tempo stesso testimone e protagonista di questa relazione secondo una modalità che lui stesso ha definito di osservazione «partecipante». Il volume esplora dunque le cause e gli effetti della frattura esistente tra architetti e intellettuali in Francia fin dalla metà dell’Ottocento, riflettendo sui rari contatti mantenuti e sulle incomprensioni che hanno segnato il loro rapporto. Questo scollamento è reso particolarmente evidente dal confronto tra le rispettive situazioni di Francia e Italia. All’inizio degli anni Settanta, una vera e propria fascinazione per la cultura architettonica italiana ha attratto i francesi – e non solo visto il favore riscontrato anche negli USA e nella penisola iberica –, attenti alle «rotture epistemologiche» attuate in urbanistica e nella storia. Si apriva così la prospettiva di un superamento della frattura esistente, con un nuovo modello che porta gli architetti a pensarsi come intellettuali e conseguentemente a intellettualizzare il progetto. Il libro analizza in particolare le carriere di Ernesto Nathan Rogers, Aldo Rossi, Carlo Aymonino, Vittorio Gregotti e della scuola veneziana di Manfredo Tafuri, oltre a quelle di italofili francesi come Bernard Huet e Philippe Panerai. Col senno di poi il libro conteneva in nuce gli sviluppi successivi del lavoro di Cohen: «L’insieme di questi lavori lascia intravedere la possibilità di una storia transnazionale, il cui oggetto non sarebbe l’allineamento tra le culture locali, regionali o nazionali e le tendenze internazionali, bensì un’economia generale di questi scambi».
Officina Gio Ponti. Scrittura, grafica, architettura, design
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2023
pagine: 275
Il volume raccoglie otto saggi inediti sulla multiforme attività di Gio Ponti distribuiti in quattro aree tematiche, dedicate alla scrittura per le riviste che ha fondato («Domus», «Stile», «Bellezza») o per altri giornali («Corriere della Sera»), alla grafica e all’illustrazione editoriale, al progetto di architettura e, infine, al progetto di design. È certo arduo scomporre l’opera di una personalità poliedrica come quella di Ponti, che non a caso si è costantemente servito di pseudonimi. Il suo lavoro, del resto, va considerato il prodotto di un’officina di progetto, composta di volta in volta di collaboratori e discipline differenti, che deve la sua coerenza all’adozione di un metodo unitario, teso a far prevalere l’intenzione progettuale sul processo attraverso cui essa si realizza. La sua impronta non è mai standardizzata, anche se sempre riconoscibile, come nel caso degli artigiani che Ponti ha costantemente frequentato, promosso e amato per la loro semplicità, «cioè sincerità, ordine, il che vuol dire in sintesi essenzialità». I contributi qui riuniti dunque cercano di leggere disegni, pubblicazioni, edifici decisivi per la sua carriera (Palazzo Montecatini, Torre Pirelli), progetti di oggetti diversissimi tra loro, dal cucchiaio all’automobile, nonché il suo impegno pubblicistico specie all’estero in virtù del quale, secondo Alessandro Mendini, Ponti va considerato come il «generoso moltiplicatore della cultura dei designer italiani». Seguendo le diverse tipologie di prodotto che escono dall’officina di Ponti, questo libro offre dunque nuove interpretazioni corredate da fotografie e documenti spesso inediti, in collaborazione con i Gio Ponti Archives.
Figure e temi nell'architettura italiana del Novecento. Da Gigiotti Zanini a Vittorio Gregotti
Giorgio Ciucci
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2023
pagine: XXII-318
Il volume presenta un'originale storia dell'architettura italiana del Novecento organizzata non secondo periodi storici o categorie stilistiche, bensì attraverso quattordici figure emblematiche di questa disciplina, rappresentative di linee di pensiero diverse che, una volta annodate, restituiscono un quadro variopinto, conseguenza della grande varietà di scuole regionali e di idee contrapposte. Le figure sono sia di estrazione provinciale (Gigiotti Zanini, Ettore Sottsass sr, Cesare Cattaneo, Gustavo Pulitzer Finali), sia attive in grandi centri (Giuseppe Terragni, Adalberto Libera, Ignazio Gardella, Federico Gorio, Luigi Figini e Gino Pollini, Luigi Cosenza, Gio Ponti), sia dei solitari (Lina Bo, Giancarlo De Carlo), sia dei grandi accentratori (Vittorio Gregotti). I saggi a loro dedicati però restituiscono i differenti contesti delle loro opere, contesti anzitutto intellettuali. È così che un tema di storia dell'architettura può sfociare parimenti nella storia della cultura in generale, come nota la curatrice Guia Baratelli, sottolineando in particolare il tema dell'«allografia» quindi del superamento di ogni individualismo. Del resto, come rimarca l'autore, essendo l'architettura anche «un'arte oramai indissolubilmente legata all'ingegneria, al calcolo, agli impianti, ai prodotti della tecnica, essa diviene opera collettiva, aperta agli apporti d'ogni genere e ai contributi d'ogni derivazione». La chiarezza stilistica di Giorgio Ciucci e la sua equanimità cosmopolita – agli antipodi della «storia scritta con il pugnale» di Bruno Zevi – sono dunque un prezioso resoconto per nulla manualistico perché procede attraverso biografie anziché per categorie: dopotutto, come suggeriva Eugenio Garin, «le idee camminano sempre sulle gambe degli uomini».
Il giardino in movimento
Gilles Clément
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2023
pagine: 308
Trent'anni dopo la sua prima pubblicazione, "Il giardino in movimento" racchiude ancora in sé diversi gradi di leggibilità: è una guida per il giardiniere, è un trattato di filosofia della natura, è un resoconto letterario delle esperienze che Gilles Clément (paesaggista, ingegnere agronomo, botanico ed entomologo) ha fatto interagendo con la natura. E parte non secondaria dell'importanza di questo libro sta nell'imponente apparato di immagini che lo stesso autore ha raccolto a corredo del suo racconto. È per questo che, in linea con le idee qui esposte, il libro è continuamente aggiornato proprio per illustrare come «fare il più possibile con e il meno possibile contro la natura». Non un manuale o un prontuario, dunque, non si tratta di precetti o prescrizioni, ma un vero e proprio viatico, la scorta di provviste per il viaggio attraverso quello che Clément ama definire – nel quadro di una analisi che spesso mostra anche i limiti dei concetti tradizionali dell'ecologia – il giardino planetario. Indispensabile, per il giardiniere (come Clément stesso ama farsi definire), è innanzitutto un'educazione dello sguardo, allo scopo di acquisire la facoltà di rinvenire ciò che nel mondo vegetale è al contempo invisibile e fondamentale. E in tal senso questo libro fa da complemento al Manifesto del Terzo paesaggio, integrandone e arricchendone le idee in forma più estesa e narrativa. Dall'altro lato vengono descritti e analizzati nel dettaglio una miriade di casi concreti per rendere trasparente cosa significhi dare corpo a un'idea paradossale come quella di «giardino in movimento», spazio in cui la natura non è assoggettata e soffocata dalle briglie di un progetto, di uno schema preconfezionato, e dove spesso è più prezioso sapere cosa non fare piuttosto che intervenire e aggredire. Si apprende l'arte di agevolare, favorire, incoraggiare, e mentre «il gioco delle trasformazioni sconvolge costantemente il disegno del giardino», sia il giardiniere, ovvero il «guardiano dell'imprevedibile», sia ogni eventuale visitatore, possono nutrirsi delle immancabili dosi di sorpresa che la natura riserva loro quando si esprime finalmente nella sua pienezza.
Alberto Rosselli. Architettura, design e «Stile Industria»
Libro: Libro rilegato
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 642
Figura di spicco della cultura architettonica del Novecento, Alberto Rosselli (Palermo 1921 - Milano 1976) ha attraversato il secolo breve dedicandosi alla progettazione «non tanto dell'oggetto, che costituisce il momento più caduco e relativo del design, quanto dell'ambiente nel suo senso più generale». In una prima fase si è impegnato in ricerche e iniziative corali nello Studio Ponti-Fornaroli-Rosselli, fondando con altri l'AD' (Associazione per il Disegno Industriale), il premio Compasso d'Oro e la rivista di culto «Stile Industria», da lui diretta lungo tutto il periodo in cui è stata attiva (1954-1963), nella quale si esaminavano criticamente i pilastri del Made in Italy (design, packaging, grafica). In seguito si è dedicato all'insegnamento universitario nell'alveo della «cultura politecnica» milanese e all'attività di designer, partecipando fra l'altro alla grande mostra del 1972, Italy: The New Domestic Landscape, presso il MoMA di New York. Questo volume ricostruisce l'intera opera di Alberto Rosselli fra architettura, ricerca e design, rendendo direttamente accessibili tutti i suoi scritti apparsi su «Stile Industria» e una ricca selezione di documenti e immagini d'archivio in larga parte inediti. Con testi di Giampiero Bosoni, Davide Crippa, Elisa Di Nofa, Barbara Di Prete, Kjetil Fallan, Carlo Gandolfi, Pietro Nunziante, Francesco Paleari, Maura Percoco, Paolo Rosselli, Anna Maria Siekiera, Luka Skansi, Maria Cristina Tonelli. In copertina: poltroncina Jumbo, Saporiti. Prefazione di Michele Masneri.
Tutto, tutto, tutto... o quasi-Absolutely everything... or almost
Gianni Pettena
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 520
Gianni Pettena, è stato uno dei fondatori dell'architettura radicale fiorentina degli anni Sessanta e Settanta insieme con Archizoom, Remo Buti, 9999, Superstudio, UFO e Zziggurat, verso i quali ha sempre mantenuto una posizione autonoma. Oltre a criticare il funzionalismo modernista, a frequentare le gallerie, gli artisti e i critici legati a quella stagione, si è distinto per una sua deliberata riottosità progettuale. Per questo può essere considerato L'anarchitetto, per citare il titolo del suo primo libro. In quest'ottica va inquadrata la sua esperienza giovanile negli Stati Uniti e l'assidua frequentazione di (an)architetti come Buckminster Fuller o James Wines, attenti all'ecologia, alle periferie e al "rendere significanti luoghi insignificanti". Più in generale l'unicità del suo lungo lavoro, anche sul piano storico, consiste nel rifiuto dei codici e canoni consueti della progettazione, nella realizzazione di interventi temporanei e in una costante ricerca di alleanze con l'arte concettuale, il radical design austriaco, la land art e la musica sperimentale. Il volume documenta tutto, o quasi, il suo lavoro e ospita un'ampia antologia dei suoi testi.
Superstudio. Opere (1966-1978)
Libro: Copertina rigida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 667
Questo volume è il "meridiano" del Superstudio. Raccoglie per la prima volta tutte le opere, i testi e i progetti, del più celebre gruppo di "architettura radicale", secondo la definizione canonica di Germano Celant. Dopo cinquant'anni in cui alle rimozioni storiografiche si sono alternati continui revival sia in ambito nazionale che internazionale, il libro fa il bilancio di questa eccezionale esperienza collettiva dell'architettura del Novecento. Oggi i disegni, i modelli, i celebri fotomontaggi, le lampade, i tavoli e gli altri oggetti di design creati dal Superstudio sono esposti in molti musei del mondo, fra cui il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Frac di Orléans, il Centro per l'arte contemporanea Pecci di Prato e il MAXXI di Roma. Non deve quindi meravigliare che il Superstudio sia un classico. Tutti i progetti del Superstudio, dai più noti "Il Monumento Continuo" e "Le dodici Città Ideali" a quelli più estremi generati dal ciclo della Cultura materiale extra-urbana, sono qui generosamente illustrati da un'enorme mole di disegni e documenti inediti, frutto di un lungo e accurato lavoro di ricostruzione archivistica.
Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo
Gio Ponti
Libro: Libro in brossura
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 320
«Non un libro per gli architetti, ma per gli incantati dall'architettura». "Amate l'architettura" è il libro della piena maturità di Gio Ponti. È una collezione di idee, leggera e audace, dove confluiscono, spesso in forma aforistica, i risultati delle sue esperienze: in cantiere, nelle redazioni di «Domus» e di «Stile», nelle botteghe artigiane, negli studi di artisti, in giro per le città italiane e nelle metropoli di tutto il mondo. Un classico dell'architettura qui presentato nella riproduzione fotografica integrale della prima edizione del 1957, pensata e progettata dallo stesso Ponti come una «piccola architettura da tasca».
The future is a journey to the past. Ten stories about architecture
Mario Cucinella
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 113
I viaggi di formazione segnano in modo indelebile le personalità, e non solo perché letteralmente danno loro una forma, ma soprattutto perché restano un tema di riflessione costante, anche a distanza di molti anni. Secondo Joseph Conrad, che per tutta la vita ha sublimato i suoi viaggi giovanili per mare nei romanzi, «quando cominciamo a meditare sul significato del nostro passato personale, esso sembra riempire il mondo intero nella sua profondità e magnitudine». È con questo spirito che Mario Cucinella, dopo decenni spesi a sensibilizzare la propria disciplina verso i temi del rispetto della natura, raccoglie qui per la prima volta le memorie dei suoi dieci viaggi nelle città e nei luoghi che gli hanno offerto spunti di riflessione non esotici o «stilistici», bensì pragmaticamente ambientali, inducendolo cioè a ragionare sullo sfruttamento razionale delle energie disponibili - prassi comune nelle tradizioni vernacolari di ogni cultura, dall'Iran alla Cina, dal Maghreb all'Irlanda. Queste dieci storie d'architettura sono dunque proiettate in avanti, e il loro frutto raccoglie il testimone di quella linea culturale che, iniziata da Le Corbusier - il quale seppe trovare la modernità nelle città bianche del Mediterraneo -, ha attraversato tutto il Novecento, da Giuseppe Pagano a Bernard Rudofsky e Giancarlo De Carlo, e il cui lascito si potrebbe sintetizzare in un invito: imparare dall'architettura spontanea. Cucinella osserva così, con occhi al tempo stesso vecchi e nuovi, le case preistoriche scavate nel deserto, gli antichi ospedali siriani, i palazzi indiani sotterranei, le arcaiche città del vento in Cappadocia e in Pakistan: «Non racconti nostalgici, ma la scoperta di un passato in cui scovare molte informazioni che potranno aiutarci nel nostro viaggio verso il futuro».
Costruire in Francia. Costruire in ferro. Costruire in cemento
Sigfried Giedion
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 192
In questo libro seminale del 1928 - qui riproposto in una edizione il più possibile fedele all'originale -, Sigfried Giedion raccoglie la lezione più alta della scuola di critica d'arte viennese di Alois Riegl, quella secondo cui non esistono periodi di decadenza e ogni epoca storica vive piuttosto una costante transizione di cui è possibile leggere nel passato i segni premonitori: «Passato, presente, futuro sono per noi un processo inscindibile». In tal modo l'analisi storica si lega ai problemi contemporanei e quindi offre una visione globale della storia dell'arte e della cultura materiale, cambiando così anche le sorti dell'architettura, perché la libera dai paradigmi stilistici o accademici. Le grandi frecce di sapore costruttivista che Giedion dispone nel libro sotto la supervisione di László Moholy-Nagy - grafico responsabile, fra l'altro, dei libri della Bauhaus - uniscono visivamente autori francesi dell'Ottocento ad altri tedeschi del Novecento (Jules Saulnier a Ludwig Mies van der Rohe, Gustave Eiffel a Walter Gropius), suggerendo in questo modo una linea evolutiva che la comparsa di nuovi materiali come il ferro aveva accelerato e orientato verso la creazione di inedite tipologie architettoniche quali gallerie coperte (i «passages» parigini), esposizioni internazionali, grandi magazzini, oltre a colossali infrastrutture. Un repertorio moderno che aveva appassionato Walter Benjamin, il quale non solo paragonò questo libro alla Spätrömische Kunstindustrie riegliana, ma lo prese come testo prediletto: grazie a Giedion aveva trovato nelle grandi costruzioni metalliche la metafora della condizione stessa dell'intellettuale critico che intendeva essere - Parigi, capitale del XIX secolo seguirà di conseguenza. Il capitolo finale, dedicato al materiale più moderno di allora («È vano parlare di nuova architettura in Francia senza toccarne l'elemento base: il cemento armato»), presenta invece solo esempi francesi: i fratelli Auguste e Gustave Perret, Tony Garnier e naturalmente Le Corbusier, campione della nuova generazione. Come rileva Jean-Louis Cohen nell'introduzione, «La narrazione spesso enfatica offerta dal libro, specialmente al "lettore frettoloso" che si limita alle didascalie delle illustrazioni, sembra combattuta fra propaganda e storia. A questo titolo, Giedion appartiene tanto (se non più) al corpus interno dell'architettura moderna quanto a quello della ricerca storica su di essa».
Dal progetto alla storia. Gli anni della critica e della nuova dimensione urbana
Manfredo Tafuri
Libro: Copertina morbida
editore: Quodlibet
anno edizione: 2022
pagine: 186
Subito dopo la laurea, Manfredo Tafuri, in parallelo all'insegnamento universitario come assistente di Ludovico Quaroni, si è impegnato nella progettazione architettonica e nella «critica in atto» sulle questioni più cogenti del primo dopoguerra, in particolare a Roma. I suoi interventi pubblici giovanili, elaborati insieme ad alcuni compagni universitari (Enrico Fattinnanzi, Giorgio Piccinato, Vieri Quilici), sono quindi equamente divisi fra i temi della scala urbana, concernenti cioè la speculazione edilizia e gli alloggi sociali messi in campo dallo Stato; la salvaguardia dei beni monumentali, per cui il giovane architetto partecipa alle iniziative di Italia Nostra a fianco di Antonio Cederna, Italo Insolera e altri; la collaborazione con la rivista milanese «Casabella-Continuità» diretta da Ernesto Nathan Rogers, per la quale si occupa della «nuova dimensione» assunta dai progetti pubblici, vale a dire la grande scala dei centri direzionali e della «città territorio» che in quegli anni di boom economico e grandi migrazioni interne infiammavano la discussione urbanistica. Secondo Tafuri, tutto ciò non poteva certo «risolversi curando lo studio dei singoli problemi edilizi, ma per le sue dimensioni, richiedeva una scala più vasta, la scala del piano regolatore comunale, se non di quello territoriale e conseguentemente la riforma totale del regolamento edilizio». A questa stagione appartengono i saggi qui riuniti per la prima volta. Ben presto, pur diventando un interlocutore abituale per tutta la nuova generazione di architetti del dopoguerra, da Carlo Aymonino ad Aldo Rossi, da Giancarlo De Carlo a Vittorio Gregotti, Tafuri si sarebbe sentito sconfitto per non aver influito sulla gestione - o meglio, sulla mancata gestione - dello sviluppo urbano della capitale e in generale di tutte le grandi aree metropolitane del Paese. Come sostiene Giorgio Ciucci, «Tafuri era giunto alla conclusione che non era dato all'intellettuale cambiare il mondo, e che tuttavia doveva inevitabilmente lavorare per quel cambiamento».