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Passigli: LE OCCASIONI

Diario di Raskolnikov

Fëdor Dostoevskij

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 112

Composto intorno al 1860, il “Diario di Raskolnikov” rappresenta una prima esplorazione del protagonista di “Delitto e castigo”, uno dei grandi capolavori di Fëdor Dostoevskij (Mosca 1821 – Pietroburgo 1881). Lo studente Raskolnikov, lasciata l’università per mancanza di mezzi, viene spinto dalla miseria, ma soprattutto dall’esaltazione teorica del delitto, all’uccisione di una vecchia usuraia. Il suo “diario” ci permette di leggere passo passo quel che avviene nella mente e nello spirito del giovane omicida, la sua eccitazione nervosa, la sua ansia di essere scoperto, le prime tracce dello spaventoso rimorso che dovrà accompagnarlo per il resto della vita.
8,50

Diario di Parigi (1902)

Rainer Maria Rilke

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 152

A fine agosto del 1902, Rilke arriva per la prima volta a Parigi. Poco più di un anno prima, ha sposato la scultrice Clara Westhoff e dalla loro unione è nata la figlia Ruth; lo scrittore si trova così a dover affrontare una nuova situazione personale: dopo anni di agiato pellegrinaggio artistico, dovuti anche al legame con Lou Salomé, l’esigenza di una casa propria e le ristrettezze economiche sembrano rimettere tutto in discussione, al punto che Rilke arriverà addirittura a ipotizzare un proprio impiego in banca. È a questo punto che gli si apre la prospettiva di un soggiorno parigino, grazie all’incarico che riceve di scrivere un saggio su Rodin, il grande scultore francese ormai all’apice della sua fama. Il “Diario di Parigi” si riferisce a questo primo, fondamentale soggiorno, durato poco meno di un anno ma tale poi da stabilire l’indissolubile legame del poeta con la capitale francese. Come scrive Andreina Lavagetto nel saggio introduttivo che accompagna il volume: «Nella biografia di Rilke Parigi è, per eccellenza, scuola e luogo di lavoro; è il luogo della massima affermazione e della massima sofferenza, che Rilke cerca quando ne ha le forze e lascia quando le forze lo abbandonano. Se si accoglie l’idea che la poetica di Rilke si articoli sulla tensione fra istinto musicale e imperativo plastico, sulla loro costitutiva sfasatura e sulla dinamica dei loro aggiustamenti, Parigi è il cuore di questo meccanismo».
16,50

Un viaggio in inverno

Un viaggio in inverno

Maurizio Fantoni Minnella

Libro

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 120

Una storia senza tempo: è così che appare al lettore, fin dalle prime pagine, questo breve, intenso romanzo, la narrazione di un viaggio tra i Grigioni e l’Italia che si rivela come una nuova iniziazione per il protagonista, Hans, un suonatore di liuto devoto alla sua arte e, in particolare, al grande compositore inglese John Dowland, uno dei maestri di questo strumento. Ecco, dunque: la città di Coira, capoluogo dei Grigioni, dove si parla il romancio, una delle quattro lingue nazionali della Svizzera, ma così minoritaria da non essere neppure considerata tra le sue lingue ufficiali; e un musicista che ha scelto – contro i desideri e le ambizioni della madre pianista, che vive con lui e che vorrebbe per lui un avvenire di grandi successi – uno strumento musicale del tutto inattuale, completamente rivolto a un passato glorioso ma ormai completamente fuori da ogni clamore di mondanità. Sembra un destino personale ancor più che una vocazione; e il viaggio che Hans compie in pieno inverno tra musica e silenzio, attraverso l’affascinante Passo del Lucomagno, in occasione di un concerto che deve tenere in Italia presso un antico monastero benedettino, rimette in gioco l’intera sua vita. Tra strani incontri, sogni, imprevisti – fino allo smarrimento, quasi freudiano, del suo amatissimo liuto –, Hans sente che qualcosa in sé sta, pur impercettibilmente, cambiando, come se la neve che lo accompagna durante l’intero viaggio lo abbia fatto finalmente scivolare in una nuova accettazione di sé stesso.
14,00

Ricordi della guerra di Spagna

Ricordi della guerra di Spagna

George Orwell

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 112

Nel dicembre del 1936 George Orwell si recò in Spagna, dove da alcuni mesi infuriava la guerra civile che vide scontrarsi il Governo repubblicano e i falangisti rivoltosi guidati da Francisco Franco. Partito con il proposito di scrivere articoli per i giornali con cui collaborava, ben presto lo scrittore si arruolò nelle brigate internazionali a fianco della Repubblica, dove combatté nelle file del Partido Obrero de Unificación Marxista (POUM) finché non venne gravemente ferito nel maggio successivo. Universalmente noto è il frutto di quell’esperienza, il celeberrimo memoir "Omaggio alla Catalogna" (1938), ma lo stesso non si può dire degli articoli che Orwell scrisse su quei tragici mesi. "Vuotare il sacco spagnolo", dell’estate del 1937, è una testimonianza a caldo degli eventi che non risparmia severe critiche al Governo repubblicano, colpevole di essere preoccupato più ancora da una possibile rivoluzione proletaria che non dal golpe fascista; e un’analoga visuale la ritroviamo anche nel raro e coevo "Testimone a Barcellona", incentrato sulle “Giornate di maggio” del 1937 che ebbero come conseguenza la messa al bando del POUM, in seguito alla quale Orwell fu poi costretto a fuggire dalla Spagna. Completa il volume il saggio "Ripensando alla guerra di Spagna" (1942), in cui l’autore sembra voler ripercorrere il senso di quell’esperienza, con i ricordi lucidi e coinvolgenti del fronte aragonese, e gli insegnamenti che se ne possono trarre per salvare la democrazia dal nazifascismo e da ogni forma di totalitarismo: un rischio che non sembra mai tramontare e che proprio l’epoca in cui viviamo rende di nuovo attuale.
12,00

Una lady Macbeth del distretto di Mtsensk

Una lady Macbeth del distretto di Mtsensk

Nikolaj Leskov

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 104

Il racconto ha per protagonista Katerina Izmajlova, giovane moglie di un mercante che, per vincere la noia, si innamora di un lavorante del marito. Questa noia è la molla che innesca un amore divorante, che si consuma con la complicità di una natura “incantatrice”, fino all’autodistruzione. Il desiderio di una libertà negata si muta in violenza primordiale che travolge anche gli stessi amanti. Una storia emblematica e di grande intensità, che esercitò una vasta influenza sulla letteratura russa dell’epoca; e non solo: basti ricordare che nel 1932 il grande compositore Šostakovič dedicò al libretto tratto da questo bellissimo racconto una delle sue opere più celebri.
10,00

Tra le montagne

Tra le montagne

Israel Joshua Singer

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 128

Il titolo di questo bellissimo racconto, peraltro scelto dallo stesso Israel Singer, è un po’ fuorviante: è vero che la maggior parte della narrazione si svolge in una fattoria di montagna, ma il cuore del racconto è a Brooklyn, meta prediletta di tanta immigrazione ebraica. Sholem Melnik, ebreo di campagna proveniente dalla Polonia, imbianchino a Brooklyn, si sposa con Betty Peperminz, ma la coppia ha aspirazioni diverse: Sholem detesta Brooklyn e va a fare il contadino tra le montagne, mentre Betty, figlia di genitori ebrei immigrati da più tempo, è totalmente affascinata dalle luci di New York e dal modo di vivere americano, e decide di rimanere nella città. La trama del racconto sembra esile, ma, come sempre nella narrazione di Israel Singer, una storia familiare apparentemente semplice si allarga a quei molteplici personaggi che costituiscono la felice particolarità della sua scrittura: il padre di Betty, rilegatore di libri con le mani sempre sporche di colla, non toccato dalla cultura americana; la madre, tipico personaggio della madre ebrea; i mariti delle sorelle di Betty, affaristi che potrebbero essere personaggi di una commedia di Neil Simon; lo spasimante di Betty, che la vorrebbe dividere definitivamente dal marito… Israel Joshua Singer, figlio di un rabbino polacco e maestro di celebrati romanzi quali “La famiglia Karnowski” e “I fratelli Ashkenazi”, a proposito del quale Claudio Magris ha parlato di «ultimo ‘classico’ della letteratura yiddish, e quindi uno degli ultimi classici del romanzo ottocentesco» è in realtà anche un sublime autore di racconti da poco riscoperti dalla Passigli Editori e fortemente apprezzati dai lettori. Dal classico shtetl dell’Europa centrale e orientale alle città di Varsavia e di Cracovia, dalla Russia e dalla Mitteleuropa agli Stati Uniti, la diaspora ebraica è la vera protagonista dei racconti di Singer, testimone attento e partecipe di una grande tradizione che si dispiega in personaggi e situazioni che rispecchiano in modo magistrale il finissimo senso dell’humour del mondo ebraico.
10,00

I fascisti invecchiano seguito da «Le due dittature»

I fascisti invecchiano seguito da «Le due dittature»

Vitaliano Brancati

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 104

Apparso nel 1946, a pochi mesi dalla fine della Seconda guerra mondiale, I fascisti invecchiano raccoglie una serie di elzeviri che Vitaliano Brancati pubblicò a partire dal febbraio 1945 su «La Città Libera» e «Risorgimento liberale». In queste pagine ritroviamo molti temi che saranno centrali in opere successive come Il bell’Antonio o Paolo il caldo, ma il loro pregio principale sta forse nell’impietosa analisi – e autoanalisi – degli anni della dittatura, arrivando a individuare in maniera estremamente lucida le contraddizioni di un popolo che non ha mai saputo fare davvero i conti con il fascismo e che persevera nei suoi difetti e nelle sue più meschine abitudini: la delazione, la nostalgia per l’ordine, la populistica ricerca dell’“uomo forte”, l’idea paradossale, ma sempre reiterata, che “si stava meglio quando si stava peggio”… La lettura di questi articoli, ancora oggi ben attuali, stimola i lettori a porsi una domanda precisa e sempre scomoda: i governi cambiano, ma gli italiani? Completa la nostra edizione il raro scritto Le due dittature, che riproduce l’intervento di Brancati a un dibattito pubblico sul tema “Diversità e Universalità” tenutosi a Parigi nel 1952, nel quale lo scrittore mette a confronto le dittature di destra e di sinistra, analizzando con estrema lucidità le “ragioni” di ogni totalitarismo.
9,50

Una distesa infinita. Ultime lettere

Una distesa infinita. Ultime lettere

Vincent Van Gogh

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 96

La prima delle lettere di Vincent Van Gogh qui riunite porta la data del 21 maggio 1890. L’ultima, senza data, verrà trovata su di lui, incompiuta, il 27 luglio di quello stesso anno, dopo che Vincent si era sparato un colpo al petto con una rivoltella comprata a Pontoise qualche tempo prima. Neppure nel suicidio il pittore ebbe troppa fortuna, perché si era sparato nei campi, dove era uscito per dipingere, ma la pallottola era penetrata più in basso del cuore, e Vincent era riuscito a rientrare in camera, dove si sarebbe spento soltanto la notte del 29 luglio sotto gli occhi del dottor Gachet e del fratello Théo, cui entrambe quelle lettere erano indirizzate. Sono scritti che non fanno presagire più di altri, nel lungo epistolario che lo lega al fratello, un finale così tragico e vicino. Si sente, certo, la stanchezza del pittore, il suo scoramento di fronte al senso di fallimento della sua vita non soltanto artistica: Vincent vorrebbe soprattutto essere un buon pittore, non lo interessano il successo e i soldi, quanto la qualità della sua pittura alla quale offre tutto se stesso. E proprio quando parla della sua pittura, dei suoi colori, queste lettere sembrano cambiare tono; al di là delle crisi che minacciano la sua salute e la sua ragione, delle noie quotidiane, delle incomprensioni, dei problemi economici, riaffiora allora di colpo il senso della sua grandezza: «Sono completamente preso da questa distesa infinita, vasta come il mare, di campi di grano che coprono le colline, dalla bellezza dei gialli, dei verdi delicati, dal bell’indaco della terra sarchiata e lavorata in un intarsio regolare prodotto dal verde delle piante di patate in fiore; l’insieme pervaso da una luce bella dai toni azzurri, bianchi, rosa e viola. Mi trovo, di fatto, in una disposizione di calma, quasi eccessiva, che è lo stato d’animo adatto per dipingere tutto questo».
8,50

Anima di guerriero

Anima di guerriero

Joseph Conrad

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 120

Apparsi postumi a cura di Cunninghame Graham, un amico di Conrad, i tre racconti qui riuniti sotto il titolo di uno di essi, Anima di guerriero, appartengono alla fase più matura dell’arte del grande narratore. Come ha scritto Margherita Guidacci, che ne ha curato la traduzione, il tema che li accomuna «è dato dalla tensione accumulata intorno a un individuo da circostanze eccezionali ed esasperate, dalla sua reazione spesso imprevista, istintiva e tragica, e dal segno indelebile che gliene rimane. Per Tomassov di Anima di guerriero, la prova è l’incontro con De Castel; per Il principe Romano è la sua situazione personale e quella della sua patria; per il Comandante del Racconto, l’incontro con il misterioso e sospetto capitano neutrale». E se è vero che il racconto Anima di guerriero non è immune da un certo gusto melodrammatico – che invece non arriva a contagiare gli altri due –, è altrettanto vero che anche in questo caso ci troviamo di fronte a un piccolo gioiello narrativo. Citando ancora la traduttrice: «Guardate la potenza di certe descrizioni: i due eserciti, quello russo e quello francese, che si cercano e sfuggono vicendevolmente, stremati sull’immensa distesa nevosa durante la ritirata napoleonica; la tensione estrema di certi passaggi; la quiete solenne e sinistra dell’ultimo quadro rimasto nella memoria del narratore: Tomassov inginocchiato nella spettrale alba d’inverno accanto all’uomo da lui ucciso. Siamo di fronte ad esempi fra i più superbi dell’efficacia narrativa di Conrad».
9,50

Teorie politiche e ideologie nell'Italia del Novecento

Teorie politiche e ideologie nell'Italia del Novecento

Norberto Bobbio

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 120

Il Novecento – il secolo che ha conosciuto una così grande accelerazione della storia al punto da essere stato definito “il secolo breve” – è stato teatro di due devastanti guerre mondiali e dello scontro tra contrapposte ideologie. È a queste diverse teorie politiche che Norberto Bobbio, uno dei massimi studiosi italiani, dedica questo saggio che pur nella sua brevità costituisce un prezioso aiuto alla comprensione della storia delle idee che hanno segnato la nostra vita politica. Apparso mezzo secolo fa, questo breve profilo delle grandi correnti politiche del Novecento è particolarmente felice nel ricostruire il dibattito nel quale si fronteggiarono in Italia liberalismo, socialismo e comunismo marxista-leninista, e fascismo. Spicca l’assenza in queste pagine del cattolicesimo politico, non per un pregiudizio ma perché quella di Bobbio è un’Italia laica, azionista e socialista. Contrariamente a quanto avvenuto per le altre correnti, in Italia il pensiero politico cattolico, molto vivo nell’Ottocento, è stato infatti nel Novecento dapprima assente, forse per il non expedit della Chiesa alla partecipazione dei cattolici alla vita politica, ma forse anche perché sostanzialmente tributario del cattolicesimo e del personalismo francesi. Questo breve libro è in conclusione non solo un contributo all’intelligenza critica di Bobbio, ma è anche un utile aiuto per una rapida ma esatta comprensione delle radici reali dei movimenti che si sono affrontati in Italia in questi ultimi decenni. Prefazione di Pietro Polito.
10,00

Giacomo Joyce

Giacomo Joyce

James Joyce

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 168

Se è vero che gli anni di Trieste sono stati per James Joyce anni fondamentali e che l’amicizia con Italo Svevo ha certamente prodotto per entrambi risultati molto significativi, pare che proprio a una domanda di Svevo possa risalire l’origine di questa breve ma intensissima opera; infatti, lo scrittore triestino in una lettera del 1914, dopo aver parlato dei racconti di “Gente di Dublino” e del “Ritratto dell’artista da giovane”, domandava a Joyce: «Quando scriverete un’opera italiana sulla nostra città?». Le brevi prose che compongono “Giacomo Joyce” sono probabilmente la risposta dello scrittore irlandese, e fin dal titolo l’opera insiste sull’acquisita italianità del protagonista, traducendo il nome natale James in Giacomo. Certo, la lingua della narrazione è pur sempre l’inglese dell’autore, che peraltro nel cognome non maschera neppure se stesso, cosa che può anche meravigliare, se si pensa che l’intera storia ruota intorno all’attrazione amorosa di un insegnante d’inglese – come lo era Joyce a Trieste – per una sua giovane allieva. Proprio questo ha forse fatto sì che l’opera restasse inedita durante la vita di Joyce. Alessandro Gentili, negli scritti critici che accompagnano questa sua traduzione, indaga sull’identità di questa donna, come aveva fatto prima di lui Richard Ellmann, il grande biografo dello scrittore irlandese e il primo a pubblicare “Giacomo Joyce”: Amalia Popper? Annie Schleimer? Emma Cuzzi? Maria Luzzatto? Olivia Hannappel? Furono tutte allieve di Joyce in quegli anni e tutte restarono affascinate da quell’insolito e geniale insegnante. È probabile che ognuna di loro abbia concorso a creare la figura femminile che ha dato origine a questo «poemetto triestino», come lo definisce Stelio Crise, le cui movenze, in effetti, sono simili a quelle di un poema in prosa: una prosa affascinante, affilata e musicale che è già di per sé uno straordinario raggiungimento prima dello sperimentalismo linguistico dell’“Ulisse” e del “Finnegans Wake”.
14,50

Il vecchio con gli stivali

Il vecchio con gli stivali

Vitaliano Brancati

Libro: Libro in brossura

editore: Passigli

anno edizione: 2025

pagine: 80

Pubblicato nel 1944 sulla rivista «Aretusa» e in volume l’anno successivo, Il vecchio con gli stivali – da cui venne tratto il fortunato film Anni difficili (1948) di Luigi Zampa, con Brancati tra gli sceneggiatori – illustra meglio di qualunque trattato il rapporto tra la piccola borghesia italiana e il fascismo, e lo fa con l’ironia di cui Brancati è maestro indiscusso. Il modesto impiegato comunale “avventizio” Aldo Piscitello, totalmente indifferente alla politica, viene costretto dal podestà a iscriversi al Partito Nazionale Fascista per non perdere il posto di lavoro. In seguito, la sua ambiziosa moglie, desiderosa di ottenere il lauto sussidio promesso dal partito ai “fedelissimi”, trova il modo di far figurare il travet tra gli “squadristi”, ovvero i fascisti della prima ora. Costretto a partecipare a manifestazioni e adunate, Piscitello si scopre sempre più lontano dal fascismo e sviluppa un odio profondo nei confronti di quei rituali, ma quando finalmente il regime cade lo attende un tragicomico destino… Come scrive Leonardo Sciascia nel suo articolo del 1948 “Brancati e la dittatura” (ripubblicato in appendice a questa nostra edizione): «… basta quello stivale a rendere la pena di quegli anni, lo stivale che Piscitello porta alle adunate come un cilicio. È tragico che un uomo debba ogni sabato mettersi un paio di stivali, se vuol conservare il posto; più tragico di quel che può sembrare. Si può sorriderne, ma a patto di essere decisi a non tollerare più stivali».
9,50

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